L'imputato è accusato di far parte con il ruolo di partecipe di una presunta associazione a delinquere dedita al narcotraffico diretta dalla cosca degli italiani di Cosenza
Elementi non sufficienti secondo la Suprema Corte a dimostrare l’affectio societatis necessaria per la partecipazione ad un’associazione per delinquere
L'accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti risultava già desumibile dagli atti del procedimento Reset e dall’informativa finale della Questura
I giudici cautelari hanno rilevato un difetto di imputabilità. Il ricorso in Cassazione era stato presentato dagli avvocati Maurizio Nucci e Alessandra Rizzuto
Il magistrato di Cosenza ha coordinato in prima persona numerose inchieste contro la ‘ndrangheta, affrontando i clan attivi a Cosenza, Cassano Ionio, Cetraro, Scalea, Crotone e altri territori calabresi
I giudici cautelari ritengono, al pari della Cassazione, che l'imputato sia al di fuori del presunto contesto associativo configurato a seguito delle indagini svolte dalla Dda di Catanzaro.
La Suprema Corte ha condiviso le tesi difensive degli avvocati Belcastro e Belvedere, i quali avevano ottenuto un parere favorevole anche dal procuratore generale
Accolte le tesi difensive degli avvocati Fiorella Bozzarello e Luca Cianferoni. Secondo la Dda di Catabzaro, l'imputato sarebbe uno dei promotori della presunta associazione a delinquere dedita al narcotraffico
Il procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro illustra l’indagine che ha condotto a 44 arresti: «Il gruppo si approvvigionava attraverso canali nella Locride e nella Piana di Gioia Tauro. Un mercato che colpisce duramente il tessuto sociale»