Spero che tutte le autorità preposte stiano concertando un’ordinanza secondo cui dovranno essere censiti tutti i cittadini provenienti dalle regioni colpite dal virus, che dovranno obbligatoriamente mettersi in quarantena. Per la tutela della salute e la sicurezza dell’intera popolazione calabrese, e non solo, si dovrà superare il vincolo delle zone rosse, tra le quali non è stata ancora inserita, per esempio, Bergamo (ci pensano un altro po’…), estendendolo almeno alle zone gialle. 

Diciamocelo chiaramente, non dimostriamo di essere un popolo di gente seria, noi calabresi, siamo piuttosto incompetenti e presuntuosi, eppure non evitiamo di dare lezioni al mondo intero, come sta accadendo in questo periodo con il #coronavirus.

La maggior parte di noi, professionisti, imprenditori, politici, agricoltori, operai ecc, infatti, ha figli, genitori, nipoti, zii o amici tornati da Milano o da zone in cui non si contano più i contagi, eppure li ha accolti, abbracciati, ha bevuto dallo stesso bicchiere, ha mangiato dallo stesso piatto, ha poltrito sullo stesso divano, ma non ha dichiarato nulla, non ha avvisato nessuno, piuttosto ha sconsigliato di farlo, che “sai che palle stare tutti in quarantena 15 giorni?” “Tanto è una banale influenza”, “vedrai che il 16 marzo sarà tutto finito e tutti questi che si allarmano e allarmano il mondo intero dimostreranno la loro ignoranza”. 
E se non fosse così?

Ancora più inaccettabile, però, è quel che avviene chiamando i numeri messi a disposizione dal Ministero. A chi torna da Comuni non ricompresi nella zona rossa (sono solo 11), quando rispondono, dicono che non è necessario dichiararsi e mettersi in quarantena finché si è asintomatici e neanche con qualche decimo di febbre ed un mal di gola (ho telefonato io stessa al numero 800767676), EVENTUALMENTE, basta avvisare il medico di famiglia che (siccome non ha le protezioni adeguate) ha imparato a fare le diagnosi telefoniche, tranne che tu non abbia una febbre alta persistente e difficoltà respiratorie. Insomma, sei già da terapia intensiva, o quasi. 

La chiusura delle scuole e delle università può essere solo la prima di una serie di misure di contenimento della diffusione del coronavirus, che deve essere affrontato con grande senso di responsabilità da parte di tutti, per se stessi e per gli altri. 

Essendo questa una malattia che colpisce, letalmente, maggiormente i più deboli (che nessuno ne è immune, che di questo virus si sa ancora pochissimo, che ha un grado di contagio elevatissimo e che non esiste una vaccino, spesso dimenticano di dirlo) è fondamentale e indispensabile che esistano regole anche per chi continua a sottovalutare l’epidemia, paragonandola ad una banale influenza, facendo riferimento, probabilmente, alle dichiarazioni tranquillizzanti, di qualche giorno addietro, di un Conte sicuro di sè, di qualche esperto incosciente, incompetente o asservito e di qualche testata giornalistica complice, che miravano a placarci tutti come se dovessimo essere in una botte di ferro. 

Non è così!
I numeri e le storie dei contagi e dei morti dimostrano tutto il contrario.
E più si allarga la base, più aumenta il rischio. 

E la prima grande falla delle misure di contenimento, duole dirlo, è proprio nel nostro sistema sanitario nazionale che dimostra, con la chiusura di diversi ospedali e il numero di medici e infermieri in rianimazione ed in quarantena che continua a salire, di non essere nelle condizioni di fronteggiare un’emergenza del genere, tanto da non aver ancora messo in sicurezza (troppo pochi hanno le protezioni) tutto il personale sanitario, come pure le forze dell’ordine; contribuendo di fatto alla genesi ed alla proliferazione di tanti potenziali grandi untori, creando nuovi focolai negli stessi ospedali ed esponendo ad un grave pericolo l’incolumità di medici, paramedici e pazienti (questi ultimi sarebbero pure i cosiddetti soggetti a rischio).

Non c’è tempo, quindi, per la fantapolitica e per chi è convinto che l’economia abbia più valore della salute. Siate più responsabili, dimostrate tutto il senso civico e tutto il rispetto per gli altri che sbandierate orgogliosi sulle piazze social. Leggete di più, informatevi meglio, fatevi un quadro d’insieme, prima di minimizzare e creare confusione. E soprattutto attenetevi alle regole.

Ribadisco: nei giorni scorsi (ed il flusso continua) sono tornati in Calabria migliaia di calabresi potenzialmente infetti, ma stando ai dati dell’altroieri comunicati (4 marzo) da Antonio Belcastro, Direttore del Dipartimento della Salute della Regione Calabria, sono solo 61 coloro che si trovano in isolamento. Una notizia tutt’altro che rassicurante, per chi la sa leggere, tenuto conto del fatto che il virus viene diffuso anche dai soggetti asintomatici e che su questi non viene effettuato il test, in quanto asintomatici (vedi il caso degli sventurati compagni di viaggio del signore di Cetraro e del signore di Trecchina, primo caso conclamato in Basilicata), pur essendo stati a contatto con persone provenienti dalle zone rosse o infetti. 
Tutti in quarantena a sperare che Dio gliela mandi buona.

Stando alle misure precauzionali e alla rete di controllo praticamente inesistenti, insomma, qui da noi, la situazione potrà solo peggiorare. Sui posti in terapia intensiva, che necessiterebbero per coloro che dovessero avere complicanze polmonari, mi sono già espressa. Per non farla lunga, sono insufficienti (seconda foto). 

Voglio ripeterlo ancora una volta, a rischio di prendere una denuncia per procurato allarme, noi, qui in Calabria, siamo seduti su una bomba ad orologeria destinata a scoppiare. Ma questo non lo dico io, lo dicono i dati delle altre regioni, in cui, dopo il primo, il secondo caso, l’epidemia ha continuato a dilagare, moltiplicando il numero dei contagi conclamati, con ricoveri in terapia intensiva e decessi, nei giorni successivi. 

Ergo, tranne che qui non crediamo tutti di godere in eterno della protezione della Madonna del Pilerio e di San Francesco di Paola (che ci proteggano! Anche se sono convinta che si siano rotti anche loro di tutta questa inettitudine, arroganza e insipienza, se penso al vecchio adagio a cui ricorro spesso “aiutati che Dio ti aiuta!”) la situazione è destinata solo a peggiorare inevitabilmente, se non si prendono urgenti provvedimenti.

La cosa più allarmante e pericolosa, infatti, è che con tutta questa sdrammatizzazione e con l’assoluta mancanza di senso di responsabilità (altro che panico!) di un buona parte della popolazione, che purtroppo non ha ancora una percezione chiara di ciò che sta realmente accadendo nel mondo, si stanno abbandonando al proprio destino pericolosi focolai che continuano ad alimentarsi indisturbati a dismisura, perchè, tra l’altro, i vertici istituzionali preposti, tra minimizzazione e irresponsabilità,
restano convinti che sia più importante la nostra tranquillità che monitorare seriamente e renderci tutti consapevoli, rispettosi e attenti. 
Come se la realtà, quella autentica, non dovesse mai manifestarsi.

Gli esperti dichiarano che in Lombardia il picco dei contagi è da evitarsi perchè comporterebbe 8000 ricoveri entro il 22 marzo, ma noi, abituati a guardare al massimo la veranda di casa nostra, e dall’alto della nostra altezzosita, ce ne infischiano altamente. 
Come se potessimo permettercelo!
Qui c’è la faida tra chi riesce a far peggio e chi a non far nulla (sic!)
Quali sono le misure per il contenimento adottate? 
Ditemele, mi saranno sfuggite. 

Si potranno invocare Santi e Madonne, ma più di qualcuno dovrà assumersi la responsabilità, che non è voltandosi dall’altra parte che il virus sparisce, nè la tranquillità collettiva è il vaccino. Benché sia questo l’augurio che rivolgo a tutti noi, tra qualche giorno tutto sarà più chiaro ad ognuno e sarà la prima volta in vita mia in cui non godrò ad aver avuto ragione. (*presidente associazione “LegittimaMente)