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Nel momento in cui vi scriviamo, i casi accertati di coronavirus nel mondo sono 121.564 mila. Dati importanti che dimostrano la rapida diffusione della malattia virale, nata in Cina tra dicembre 2019-gennaio 2020. Per trasformarsi da epidemia a pandemia servono alcuni requisiti (LEGGI QUI L’APPROFONDIMENTO). Passaggio che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito mercoledì 11 marzo 2020. Ribadiamo a coloro che ci leggono che è FONDAMENTALE RISPETTARE LE REGOLE CONTENUTE NEL DPCM. E’ l’unico modo – assicurano gli scienziati – per combattere questa guerra contro un nemico invisibile.
Italia al secondo posto per contagi da coronavirus
Non ci sono, allo stato attuale, farmaci o vaccini riconosciuti come efficaci dalla comunità scientifica mondiale. Dobbiamo quindi cambiare lo stile di vita e stare a casa. E’ un sacrificio necessario per tutelare la nostra salute e quella degli altri. Si guarisce dal coronavirus, ma si muore anche. Ad oggi le persone dimesse sono 66.239, mentre i decessi sono 4.373. In Cina abbiamo raggiunto quasi 81mila casi accertati, ma l’Italia si posiziona al secondo posto con 10.149 (LEGGI GLI ULTIMI DATI UFFICIALI). Poi Iran (9mila), Sud Corea (7.755), Spagna (2.174), Francia (1.784) e Germania (1.629). Infine gli Stati Uniti d’America con 1.050. Ma in questo caso il professor Walter Ricciardi si è detto preoccupato del fatto che negli Usa la malattia è molto più diffusa rispetto ai dati ufficiali. «Ho paura che possa esserci una catastrofe». In sostanza, il Servizio Sanitario americano non garantisce il vaccino a tutti. In America, infatti, la sanità è privata. Per fare il tampone servono almeno 3.500 euro.
Cosa dice l’Istituto Superiore di Sanità
Ieri pomeriggio l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato sul sito Epicentro un bollettino aggiornato al 9 marzo 2020 (ore 16). «Questo bollettino è prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed integra dati microbiologici ed epidemiologici forniti dalle Regioni e dal Laboratorio Nazionale di Riferimento per SARS-CoV-2 dell’ISS» si legge nel documento ufficiale. Ci sono due aspetti importanti che tratta l’ISS: l’età media e la provenienza dell’infezione.
Nel primo caso vediamo che:
- 3.702 casi sono di sesso maschile (62%) (informazione disponibile per 5.959 casi)
- L’età mediana è di 65 anni (min 0, max 100). La tabella 1 mostra la distribuzione dei casi e dei decessi segnalati per fasce di età decennali. Si osserva un aumento della letalità nelle classi di età più elevate.

Per quanto riguarda la provenienza dell’infezione, l’Istituto Superiore di Sanità esclude che il coronavirus in Italia sia arrivato dalla Cina. E’ probabile, come discusso un po’ di tempo fa, che la malattia sia giunta nel nostro Paese dalla Germania, dove ci sarebbe il cosiddetto “paziente 0” europeo.
«L’indagine epidemiologica suggerisce che la trasmissione dell’infezione sia avvenuta in Italia per tutti i casi, ad eccezione dei primi tre casi segnalati dalla regione Lazio che si sono verosimilmente infettati in Cina. E’ stato poi segnalata dalla regione Lombardia una persona di nazionalità iraniana, tuttavia non è stato indicato dove possa essere avvenuto il contagio che si è verosimilmente infettato in Iran».
Le conclusioni dell’Istituto Superiore di Sanità
Ecco quali sono i fattori rischi:
- Ad eccezione dei primi tre casi con storia di viaggio in Cina ed un caso possibilmente esposto in Iran, nessun caso notificato ha riportato una storia di viaggio in paesi con trasmissione sostenuta da SARS-CoV-2 durante il periodo di incubazione di 14 gg.
- Sono stati diagnosticati 583 casi tra operatori sanitari, indicando la possibilità di trasmissione nosocomiale dell’infezione. Questo dato potrebbe essere sottostimato in quanto per una parte dei casi, soprattutto quelli diagnosticati più recentemente, non è stata ancora completata l’indagine epidemiologica
- Attualmente non è possibile ricostruire, per tutti i pazienti, la catena di trasmissione dell’infezione. La maggior parte dei casi segnalati in Italia riportano un collegamento epidemiologico con altri casi diagnosticati in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, le zone più colpite dall’epidemia.