Dopo una pausa, il processo Bergamini è stato di nuovo al centro dell’udienza dibattimentale in Corte d’Assise a Cosenza. Nella seduta di oggi è stato sentito l’avvocato Andrea Toschi, il primo legale della famiglia di Denis. Assunse la difesa dei genitori dell’ex centrocampista subito dopo la morte, avvenuta a Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza, il 18 novembre 1989.

Dammatiana De Santis “fantasma” processuale

Tanti gli argomenti trattati dalla difesa di Isabella Internò, imputata per omicidio volontario aggravato, visto che il teste faceva parte della lista presentata dagli avvocati Angelo Pugliese e Rossana Cribari. Il primo tema battuto è quello di Dammatiana De Santis, un “fantasma” processuale di cui si parla nelle carte dell’inchiesta senza che nessun investigatore o inquirente sia riuscito ad interrogarla, com’è avvenuto, ad esempio, per Mario Panunzio, il presunto uomo “misterioso” della macchina nera che in realtà era solo un passante, tra l’altro funzionario del Ministero della Difesa, che quel giorno partì da San Lorenzo Bellizzi, per fare ritorno in provincia di Taranto, dove abitava con la moglie.

Panunzio, lo ricordiamo, fu individuato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza ma venne “scoperto” inizialmente dall’avvocato Eugenio Gallerani, secondo legale della famiglia di Denis, che non intese inserirlo nel dossier presentato poi al procuratore dell’epoca Franco Giacomantonio.

Processo Bergamini, l’esame dell’avvocato Andrea Toschi

«Dammatiana De Santis? Un nome che ho sentito – ha detto in udienza l’avvocato Andrea Toschi – ricordo che feci alcune visite a Cosenza per capire qualcosa di più, nel tentativo di ricostruire la vicenda e i familiari mi comunicarono che c’era qualcuno che voleva dire qualcosa, anche se in realtà, prendendo qualche appunto, ebbi l’impressione che non aveva nulla da dire», riferendosi a Dammatiana De Santis, «nata a Milano, ma residente a Cosenza e frequentante il quarto anno di scienze biologiche», ha aggiunto Toschi nella parte finale dell’esame condotto dall’avvocato di parte civile Alessandra Galeone.

Il nome, specificherà in seguito l’avvocato ferrarese, «mi fu segnalato dal papà o dalla sorella, la incontrai in una hall di un albergo situato a Rende, dove soggiornava anche la squadra del Cosenza». L’avvocato Toschi ha poi spiegato le sensazioni dell’epoca, riferite al 9 maggio del 1991: «Accresceva il suo ricordo per rendersi importante, cose rilevanti per noi non ne disse. Insomma, si faceva “bella” di questa amicizia o presunta tale con Bergamini». Durante l’esame, l’avvocato Angelo Pugliese ha chiesto al collega se si ricordava delle parole dette da Dammatiana De Santis in relazione alla vicenda Bergamini, ovvero che qualcuno l’avvicinò chiedendole di stare lontano da questa situazione. Il legale ha detto di non ricordarsi di questa cosa, rinvenuta però nel verbale del 1991.

Poi la difesa di Isabella Internò ha acceso i riflettori sui rapporti dell’epoca tra gli avvocati Franz Caruso, oggi sindaco di Cosenza, Eugenio Donadio, all’epoca principe del foro di Castrovillari, lo stesso Toschi, e il professore Vincenzo Cavallari, già sottosegretario nel Governo guidato da Alcide De Gasperi, indicato da Toschi quale il «capo del pool difensivo».

«Almeno una volta o due sono andato in procura a Castrovillari – ha dichiarato l’avvocato Toschi – ma in particolare l’avvocato Donadio aveva più rapporti essendo del posto e in una circostanza mi accompagnò in procura. Quali erano i rapporti dell’epoca tra la procura e Donadio? Questo non lo so. La nostra comunque non era una strategia di scontro, ma cercavamo insieme alla procura di capire cosa fosse successo quel giorno». Se Denis Bergamini fosse stato minacciato il legale emiliano non lo ricorda anche se nel verbale, preso dai suoi appunti, si evidenzia che fu una circostanza riferita dai familiari di Denis.

Processo Bergamini, l’investigatore privato

A un certo punto, battendo tutte le piste possibili in termini investigativi, il padre di Denis, Domizio, da come emerge nel processo, decide di affidarsi a un investigatore privato, un ex maresciallo dei carabinieri, già comandante del Reparto Operativo presso il Comando Gruppo di Cosenza. Si chiama Giuseppe Ingrosso, con il quale l’avvocato Andrea Toschi, seppur abbia dichiarato di non averlo visto di persona, scambiò più di due comunicazioni, nel corso delle quali il militare dell’Arma in pensione paventava il fatto che Padovano avesse contatti con un uomo di Taranto, definito “tarantino” nella relazione, con il quale avrebbero parlato di cose illecite, delle quali poteva essere a conoscenza Bergamini.

Per Toschi l’informativa redatta da Ingrosso era inconcludente, in quanto non dava risposte concrete, come il fatto di individuare chi avesse dato le scarpe e l’orologio alla famiglia di Denis Bergamini. Il legale ha anche evidenziato di aver chiesto al maresciallo Ingrosso più riservatezza delle indagini, in quanto circolava voce che si parlava troppo di questo incarico. La relazione di Ingrosso fu comunque bollata come non utile alle indagini, mai portata all’attenzione della procura di Castrovillari dell’epoca. Il maresciallo concludeva il tutto parlando di insano gesto.

Processo Bergamini, l’umore di Denis prima di morire

Com’era l’umore di Bergamini prima di morire? Lo ha chiesto l’avvocato Pugliese al collega Toschi, in relazione alle comunicazioni avute con i familiari di Denis e con l’avvocato Donadio di Castrovillari. «L’umore di Denis? Non ricordo, forse lo avevamo scritto da qualche parte», mentre in un altro appunto, condiviso probabilmente con l’avvocato Donadio, si parlava che nei giorni antecedenti al decesso Denis sarebbe stato assorto e in disparte e qualche compagno di squadra gli avrebbe messo le mani davanti agli occhi per richiamare la sua attenzione. Circostanze che si incastrerebbero con la famosa telefonata ricevuta, a dire dei familiari, il 13 novembre 1989, mentre era a casa in Emilia.

Tra un carteggio e l’altro è comparso pure il parere medico chiesto al medico Dell’Erba, ordinario di medicina legale, al quale fu domandato se dai reperti fosse possibile accertare la presenza dell’Hiv nel corpo di Denis, visto che le voci dell’epoca alimentavano anche questa pista. Il professore Dell’Erba sul punto rispose che i protocolli erano in via sperimentale e non vi era certezza sui risultati. Richiesta tuttavia non sollecitata neanche durante l’incidente probatorio, volto alla riesumazione del cadavere, dal quale scaturì la perizia medico legale di Francesco Maria Avato.

Il parere del professore Dell’Erba

Inoltre, al professore Dell’Erba fu formulato anche un altro quesito riguardante la dinamica che causò l’evento mortale e l’esperto disse che seppur mancassero dei dati oggettivi importanti – come il non aver visto il camion e non aver potuto analizzare i vestiti – dall’esame autoptico di Avato grossomodo si poteva ipotizzare che i fatti sarebbero andati come raccontato dalla testimone dell’epoca, Isabella Internò. Il parere di Dell’Erba però non è mai arrivato in procura.

È stato pescato anche l’argomento dei suicidi familiari, in quanto una zia di Denis, la sorella del padre, Domizio, si tolse la vita quando aveva circa 30 anni. Una crisi depressiva durata quasi sette anni, di cui Toschi sembra essere all’oscuro, non avendolo comunicato di conseguenza neanche alla procura di Castrovillari. Poi le domande tese a capire se il luogo di residenza e domicilio della famiglia Bergamini corrispondesse in entrambi i casi, anche se l’avvocato Toschi non sapeva dove vivesse Domizio, il quale, ha detto Toschi, «non si fidava dell’ambiente, pensava che a Cosenza ci fosse una zona fumosa, poco chiara».

Toschi ha ribadito che non ci fu alcuna attività sui tabulati telefonici per risalire all’autore della telefonata del 13 novembre 1989 e subito dopo l’avvocato Pugliese ha inserito la questione delle polizze assicurative che non comprendevano il suicidio bensì l’omicidio. «Se ho chiesto il risarcimento del danno? Si è possibile. Piste calcioscommesse? Se ne parlò, ma i familiari erano sicuri del comportamento del ragazzo».

Denis Bergamini promesso sposo…

Altro tema caldo del giorno è il presunto fidanzamento tra Denis Bergamini e Roberta Alleati. Una vicenda già messa in chiaro nelle udienze precedenti. «Il nome di Roberta Alleati non mi dice niente, non credo di averla conosciuta» ha detto Toschi, rispondendo all’avvocato Pugliese. «Denis era suo promesso sposo? Escluderei l’ipotesi» ha risposto il legale, mentre la difesa ha fatto notare che la testimonianza della ragazza, che avrebbe potuto giovare alla parte civile nel processo di Trebisacce, non fu inserita nel procedimento penale per omicidio colposo a Trebisacce contro il camionista di Rosarno Raffaele Pisano.

Parlando del professore Avato, che sarà sentito domani in Corte d’Assise al pari del consulente di parte civile, professore Pierantonio Ricci, Toschi ha detto di averlo visto alcune volte in tribunale a Ferrara, chiedendo allo stesso, all’epoca, informazioni sugli esiti periziali. Anche in questo caso c’era un carteggio che, come ha inteso far chiarire l’avvocato Fabio Anselmo, era prassi dell’Università di Ferrara rispondere su carta intestata. Con l’avvocato Eugenio Gallerani invece «ho buoni rapporti, un collega bravo e serio. Anselmo? Lo conosco, due mesi fa avevamo un processo uno contro l’altro». E ancora: «Se io ho convocato Isabella Internò? No, sono andato allo studio del legale che seguiva la signora», l’avvocato Arcuri «ma lei non c’era». Una diversa dichiarazione della Internò «se poteva essere utile alla risoluzione del caso? Ora non ricordo».

Gli altri argomenti sono stati ancora Roberta Alleati, sul fatto che escludeva la tesi del suicidio perché dovevano convolare a nozze e il suo viaggio a Roseto Capo Spulico, quando Toschi affermò (scrivendolo in un appunto) che “non si vede dove si è e dove si mettono in piedi”, come ha fatto emergere l’avvocato Rossana Cribari. «I testi del processo contro Pisano venivano decisi da noi avvocati, qualche volte consultavamo anche la famiglia». L’ultima fase dell’esame della difesa è servito a ribadire gli indirizzi di casa dei Bergamini, rilevando che quello in cui venne dato l’incarico a Toschi era diverso dagli altri.

Processo Bergamini, il controesame della procura e della parte civile

Il pubblico ministero Luca Primicerio, in fase di controesame, ha posto in evidenza uno scritto in cui Toschi, salutando Franz Caruso ed Eugenio Donadio, diceva di attendere eventuali correzioni a un documento, dove le conclusioni del suicidio non erano plausibili con la comparazione dei dati in loro possesso. Si perseguì all’epoca anche l’ipotesi dell’avvelenamento con sostanze chimiche. V’è traccia in un documento («riconosco la mia calligrafia») mostrato dalla procura di Castrovillari – che tra l’altro si è detta disponibile a far acquisire tutti gli atti del processo, trovando concorde sul punto anche la difesa, che ha proposto quindi di mettere a disposizione del collegio un cd contenente tutto il fascicolo del pm – all’avvocato Andrea Toschi. Infine, la memoria che era stata preparata dagli avvocati Caruso, Toschi e Donadio, non fu depositata perché la posizione di Pisano non venne archiviata, tanto da approdare davanti al pretore di Trebisacce.

Domani, infine, sarà l’ultima udienza del 2023. Il processo Bergamini riprenderà a gennaio 2024 con altri testi della difesa. Sarà stilato un calendario, poiché il presidente Paola Lucente ha spiegato alle parti che dovrà far coincidere il tutto con le udienze che terrà davanti al tribunale collegiale di Cosenza, questo evidentemente per sopperire alle assenze dei giudici Ciarcia, Branda e Granata che dal primo mese del nuovo anno daranno ritmo al processo “Reset“, fissando sicuramente più di un’udienza a settimana.