Senza l’intervento di Daniele Lamanna staremmo raccontando un’altra storia criminale. È in sintesi il pensiero di Luciano Impieri, collaboratore di giustizia, sentito nel processo antimafia contro Orlandino Greco e Aldo Figliuzzi. I due politici di Castrolibero sono accusati di voto di scambio politico-mafioso nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro.

La storia passata e recente di Luciano Impieri

Nell’udienza tenutasi oggi nell’aula nove del tribunale collegiale di Cosenza, il pubblico ministero Pierpaolo Bruni, oggi procuratore capo di Santa Maria Caputa Vetere, ha esaminato il pentito di ‘ndrangheta. La storia di Luciano Impieri è nota a tutti. Un tempo veniva definito il “piccolo Patitucci” per la sua abilità nel “chiudere” le estorsioni. Prima componente del clan Bruni-Zingari, poi trasformatosi in Rango-Zingari, da cui originò l’operazione antimafia scattata nel novembre del 2014 contro la cosca operante in via Popilia.

Tra due eventi – la sua scarcerazione per aver scontato la condanna del tentato omicidio ai danni di un uomo di Paola e il blitz antimafia “Nuova Famiglia” – il passaggio alle dipendenze di Mario Gatto, coinciso con la tentata estorsione a Piazza Bilotti, dove, secondo quanto dichiarato da Lamanna a “Reset”, ci fu la rottura tra italiani e “zingari”. Impieri e lo stesso Lamanna “salutarono” Rango. Infine il pentimento, anno 2018, quando da soggetto libero si recò dai carabinieri, chiedendo di parlare con l’allora luogotenente Francesco Parisi, comandante della stazione di Cosenza Nord. Oggi Impieri ha intrapreso un percorso spirituale da diacono.

Il tema del processo: i rapporti con gli imputati

Luciano Impieri rispondendo alle domande del pm Pierpaolo Bruni ha precisato di non conoscere personalmente Orlandino Greco ma di essere a conoscenza del fatto che il clan Bruni-zingari avrebbe cercato voti a Castrolibero per lui in cambio di favori, ovvero soldi e assunzioni in una cooperativa. Stessa contestazione mossa ad Aldo Figliuzzi che, al contrario, Luciano Impieri ha dichiarato di conoscere sin dal 2006 quando tramite un uomo di sua fiducia lo mandò a chiamare a casa, mentre lui era ai domiciliari, per chiedergli se lo avesse potuto assumere in una cooperativa sociale di Castrolibero.

La seconda circostanza di cui egli ha detto di essere a conoscenza riguarda il periodo antecedente al 23 febbraio 2013, giorno del suo ritorno in libertà, quando insieme ad Adolfo Foggetti si sarebbe recato a Castrolibero dall’ex suocero di Francesco Pino a riscuotere circa 3mila euro che avrebbe promesso Figliuzzi alla cosca Rango-zingari se avessero procacciato voti in suo favore. Ha specificato che la dazione di denaro sarebbe stata consegnata in due tranche ma ha riferito ciò non su un dato certo ma sul fatto di una sensazione affermando che «in quel momento il gruppo non lasciava nulla al caso, per cui secondo me i soldi certamente erano stati incassati». Prima di ciò, tuttavia, ci sarebbe stato un tira e molla, poiché Figliuzzi non avrebbe rispettato gli accordi.

Il presunto incontro in un bar di via Panebianco

Maurizio Rango, Ettore Sottile, Luciano Impieri, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti lo avrebbero quindi convocato nei pressi di un noto bar di via Panebianco. «Avevamo decido di picchiarlo, ma appena scese dalla macchina, una Mercedes, cercò di convincerci del fatto che la situazione si sarebbe risolta». Altri fatti specifici Luciano Impieri non ne ricordava. Le difese, sul punto, hanno evidenziato il fatto che la pubblica accusa ha dovuto contestare più volte il collaboratore, i cui ricordi sembravano sbiaditi tanto da affermare «confermo» solo dopo la lettura del passaggio letto dal pm Bruni in riferimento al verbale reso davanti all’autorità giudiziaria.

Tuttavia, uno spunto d’interesse investigativo Luciano Impieri lo ha detto verso la fine, ovvero quando l’avvocato Pasquale Naccarato, difensore di Aldo Figliuzzi, parlando di presunti contrasti nel gruppo Rango, ha cercato di capire in che rapporti fosse con gli altri elementi del clan. «Con Rango non andavamo più d’accordo, se non fosse stato per Daniele Lamanna che mi ha tolto la pistola dalle mani, avrei premuto il grilletto contro Rango e questa cosa oggi l’avrei vissuta in maniera brutta per la strada che sto seguendo».

Saranno sentiti anche Bruzzese e Lamanna

In realtà, non solo Luciano Impieri non condivideva i modi di Rango ma anche Lamanna era sulle stesse posizioni. E i due pentiti decisero di andare via dal clan degli “zingari” dopo l’estorsione a Piazza Bilotti, momento di rottura tra italiani e il gruppo Rango, al punto da far cessare l’esistenza della “bacinella comune”, come riferito da Lamanna a Reset. Nella prossima seduta processuale, il tribunale collegiale di Cosenza, presieduto dal presidente Manuela Morrone (giudici a latere Stefania Antico ed Ermanna Grossi), ha calendarizzato l’escussione del collaboratore Franco Bruzzese. Poi ci sarà quella di Daniele Lamanna.