Emergono nuovi dettagli sull’inchiesta della procura di Salerno contro l’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto, attualmente giudice civile presso il tribunale di Potenza, e l’ex deputato del Partito Democratico, Ferdinando Aiello, accusati (a vario titolo) di corruzione, falso, omissioni d’atti d’ufficio, favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio (LEGGI QUI LA NOSTRA NOTIZIA). 

Quando nasce il “caso Luberto”

Rispetto al teorema accusatorio iniziale, la procura di Salerno ha escluso l’aggravante mafiosa. E’ un elemento di non poco conto perché dietro quella contestazione c’era un’altra indagine antimafia, all’epoca condotta dal Nucleo Investigativo di Cosenza e coordinata dalla Dda di Catanzaro, riguardante una presunta associazione mafiosa che, tramite alcuni imprenditori, avrebbe cercato di trarre profitti illeciti nella gestione degli appalti pubblici. Ipotesi investigative che, dopo cinque anni, non hanno portato a nulla di concreto. Ed è qui che nasce il “caso Luberto”. 

Le indagini nella Sibaritide

Gli investigatori, a ridosso del 2014, stavano lavorando su un gruppo di persone della Sibaritide, che avrebbero avuto contatti diretti con l’allora deputato, Ferdinando Aiello. Se all’epoca il coordinamento investigativo avesse deciso di intercettare il politico cosentino avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al Parlamento. L’inchiesta, a quel punto, sarebbe stata nota agli indagati e l’attività tecnica avrebbe preso una piega diversa rispetto a quella auspicata dai magistrati e dai carabinieri.

In poche parole il gip delegato, su richiesta della Dda di Catanzaro, avrebbe potuto autorizzare la pubblica accusa a tenere sotto controllo il cellulare di Aiello soltanto se avesse ottenuto l’assenso da parte della Camera dei Deputati. Questo, però, non è avvenuto. E nelle carte dell’inchiesta su Luberto sarebbe svelato anche il motivo di tale orientamento, spiegato da una testimonianza resa alla Dda di Salerno da un pm antimafia, facente parte dell’ufficio inquirente, coordinato dal procuratore capo, Nicola Gratteri. 

I viaggi pagati

L’accusa, tuttavia, ritiene che Luberto abbia favorito Aiello, non iscrivendolo nel registro degli indagati in cambio di benefici personali, quali viaggi pagati. E’ in questo caso quindi che si concretizzerebbe la presunta corruzione (semplice), ma la controparte sarebbe pronta a chiarire che in realtà l’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, non avrebbe agevolato Ferdinando Aiello. La chiave di volta dell’inchiesta sta tutta qui: non disponendo quella richiesta di intercettazioni contro il politico di sinistra, davvero l’intento di Luberto era quello di aiutare l’amico? 

Sono aspetti, ovviamente, che dovranno essere trattati davanti a un giudice terzo, il quale dovrà sbrogliare la matassa giudiziaria e fare piena luce su una vicenda che ha gettato ombre su un magistrato, che nel corso della sua carriera ha condotto decine di inchieste contro la ‘ndrangheta. Dai clan della Sibaritide, che lo volevano morto, a quelli crotonesi, senza dimenticare le cosche dell’Alto Tirreno cosentino e il triplice delitto di Cassano all’Ionio, quando vennero uccisi il piccolo Cocò Campolongo, il nonno Giuseppe Iannicelli e la sua fidanzata di origini marocchine.