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La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza di inammissibilità per il ricorso presentato da Patrizio Chiappetta, titolare dell’Ego pubblicità, contro l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro. Il Riesame aveva precedentemente rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare in carcere a cui Chiappetta è sottoposto dal 1 settembre 2022, in relazione al reato di cui all’art. 416-bis del codice penale, nell’ambito del procedimento penale denominato Reset.
Il ricorso di Patrizio Chiappetta
Patrizio Chiappetta, attraverso la sua difesa, rappresentata dagli avvocati Alessandro Diddi e Luca Acciardi, aveva presentato ricorso sostenendo diverse motivazioni. In particolare, i difensori avevano denunciato la contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata. I penalisti avevano anche sottolineato che le indagini della Guardia di Finanza, che attestavano la regolarità del patrimonio familiare, dovevano smentire il giudizio di pericolosità sociale. Questo, a suo dire, si sarebbe dimostrato incompatibile con il ruolo di Chiappetta come intestatario fittizio di attività economiche collegate allo zio, Francesco Patitucci. Quest’ultimo è indicato dalla Dda di Catanzaro come il boss di Cosenza e capo della presunta confederazione mafiosa operante nella città dei bruzi, Rende e Roggiano Gravina.
Dichiarazioni dei collaboratori
Gli avvocati di Patrizio Chiappetta avevano citato anche le dichiarazioni di Roberto Porcaro, pentitosi di essersi pentito, che aveva escluso il coinvolgimento di Chiappetta nell’associazione criminale. Il ricorso aveva inoltre contestato un errore di trascrizione, dove Chiappetta era stato indicato come mediatore in vicende di usura, mentre il riferimento corretto era a una persona diversa.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha giudicato il ricorso inammissibile perché generico. Come precisato nella sentenza, le ordinanze in materia cautelare, una volta esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva riguardo alle questioni già decise. Pertanto, una questione di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta con argomenti diversi.
Il Tribunale del riesame ha applicato questo principio, ritenendo che le allegazioni difensive non fossero sufficienti a modificare il quadro indiziario e cautelare. Le argomentazioni difensive proposte nel ricorso risultano inconferenti rispetto alla finalità dimostrativa. Secondo gli ermellini, le ragioni esposte dai difensori non risultano infatti idonee a incidere sugli elementi che hanno determinato il giudizio di pericolosità dell’indagato, fondamento dell’ordinanza cautelare confermata dalla Corte il 22 marzo 2024.
Le conclusioni della Cassazione
In definitiva, secondo la Suprema Corte, le risultanze degli accertamenti patrimoniali condotti sull’indagato, che aveva dismesso tutte le sue attività economiche e patrimoniali, non inciderebbero sulle esigenze cautelari. Il coinvolgimento di Patrizio Chiappetta nelle attività illecite rimane infatti il presupposto della misura cautelare personale, che non sarebbe influenzato dall’assenza di accumulazioni patrimoniali. Inoltre, il riferimento all’erronea individuazione dell’indagato in una vicenda di usura per i giudici di legittimità risulterebbe generico e assertivo.
Infine, gli avvocati Diddi e Acciardi poche settimane fa hanno discusso la posizione del loro assistito dinanzi al giudice Fabiana Giacchetti, presidente del processo che si svolge con il rito abbreviato. I penalisti hanno ribadito nella fase di merito l’estraneità di Patrizio Chiappetta a qualunque contesto criminale, non potendo pagare il fatto di avere un vincolo di parentela con Patitucci.