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Le censure difensive esposte dagli avvocati Antonio Ingrosso e Gianpiero Calabrese hanno colto nel segno rispetto alla posizione di Nicola Bevilacqua, figlio di “Mano Mozza“, imputato, come il primo, nel processo “Reset“. Il Riesame di Catanzaro, dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione, ha escluso totalmente la gravità indiziaria per Nicola Bevilacqua in ordine ai reati di associazione mafiosa e narcotraffico, contestati nell’ambito delle presunte attività criminali della confederazione mafiosa cosentina e dell’associazione a delinquere dedita al traffico di droga, diretta e organizzata dagli Abbruzzese “Banana” di via Popilia.
“Reset”, tre pentiti parlano di Nicola Bevilacqua
I penalisti cosentini avevano sollevato censure in merito alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese, detto “Claudio“, nel corso dell’interrogatorio del 10 aprile 2019. «Mio zio Nicola Bevilacqua deteneva la droga per i miei fratelli Luigi, Marco, Nicola e per mio cognato Antonio Abbruzzese, poiché era considerato un “insospettabile” e lo ha fatto per circa un anno e mezzo – aveva detto “Micetto” – ma non andavano da lui a prendere la droga», si legge nel provvedimento.
Inoltre il pentito Abbruzzese aveva aggiunto che «quando è stato arrestato mio zio Nicola Bevilacqua con le sue pistole, un giubbotto antiproiettile e la droga del tipo eroina e cocaina, in realtà le armi e la droga erano dei miei fratelli Luigi, Nicola e Marco Abbruzzese, nonché di mio cognato Antonio Abbruzzese; il giubbotto antiproiettile glielo avevo dato io a mio fratello Marco per conservarlo». E si osservava che «nel corso del presente verbale a domanda, precisa: “non ricordo bene ma il suo arresto credo si collochi nel 2013″».
Alle dichiarazioni di “Micetto” si erano aggiunte anche quelle di Francesco Noblea, rese nell’interrogatorio del 29 marzo 2018, sul presunto piano omicidiario nei confronti di Antonio Abruzzese, alias “Strusciatappine” e di suo nipote Saverio Abbruzzese: “La famiglia Abbruzzese, in particolare Claudio, tramite Nicola Bevilacqua, che era uscito in permesso dal carcere, poco prima della mia collaborazione, mi commissionò, l’omicidio di Tonino Abruzzese “Strusciatappine” e di suo nipote Saverio Abbruzzese, che avrei dovuto commettere al termine dell’uscita dal carcere nel mese di ottobre 2017; non saprei dire di preciso il motivo, ma credo a seguito dei dissapori tra le due famiglie…».
Infine, il quadro investigativo di Nicola Bevilacqua, era stato arricchito con le propalazioni del collaboratore di giustizia Luciano Impieri. Parliamo del 17 aprile 2018. Secondo l’ex componente del clan “Rango-zingari“, Nicola Bevilacqua avrebbe partecipato a una presunta estorsione ai danni di un commerciante di Cosenza, che gestiva alcune sale gioco, situate sia nell’hinterland cosentino che nella Media Valle del Crati. Il pentito rivelava che la persona offesa sarebbe stata pesantemente aggredita da «Francesco Bevilacqua, il fratello di Fiore “Mano Mozza”, Nicola Bevilacqua, figlio di “Mano Mozza” e Ivan Barone, la vittima era andato dal suo avvocato a dire che voleva un consiglio per denunciare…».
“Reset”, le censure difensive per Nicola Bevilacqua
Gli avvocati Ingrosso e Calabrese hanno messo in evidenza che «Celestino Abbruzzese non è il nipote bensì il cugino dell’indagato; inoltre il collaboratore fa riferimento a un arresto che Bevilacqua avrebbe subito nel 2013-2014 per la detenzione di due pistole, ma a tale episodio l’odierno indagato è del tutto estraneo». E ancora: «Anche con riferimento alle dichiarazioni del collaboratore Noblea – scrive il Riesame di Catanzaro – la difesa rileva delle incongruenze, rilevando che Nicola Bevilacqua a cui faceva riferimento il collaboratore non può essere l’indagato ma un altro, allorquando riferiva “che era uscito in permesso premio dal carcere poco prima della mia collaborazione”, mentre l’odierno Bevilacqua è stato detenuto per un solo giorno e non ha mai fruito di permessi premio».
Secondo il Riesame non vi sono «sufficienti elementi idonei a confermare un quadro di gravità indiziaria a carico di Nicola Bevilacqua» in quanto «non appare certa l’identificazione del soggetto in esame con l’odierno ricorrente, come si desume dalle incongruenze rilevate dalla difesa e non analizzate dal tribunale del Riesame». Inoltre, fa notare il Riesame di Catanzaro, «gli stessi collaboratori hanno affermato che “Bevilacqua e il padre vendevano droga per conto loro, facendo ipotizzare un’estraneità rispetto all’associazione ex art. 74 d. p. r. 309/90. Di conseguenza in assenza di ulteriori elementi di riscontro, non può darsi una lettura inequivoca del materiale indiziario».
I giudici cautelari concludono che «oltre alla problematica genericità dell’identificazione, occorre evidenziare un ulteriore dato, ovvero l’assenza di una stabile partecipazione all’associazione mafiosa e a quella di narcotraffico. Mancano gli elementi da cui desumere una stabile e continua partecipazione di Bevilacqua all’associazione di riferimento e la sua consapevole e volontaria adesione a un gruppo organizzato con un programma indefinito ma indirizzato all’attività di narcotraffico».