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Nelle relazioni semestrali della Dia si parla dell’esistenza a Cosenza e dintorni di più cosche di ‘ndrangheta, ma in realtà l’attualità ci dice che nella città dei bruzi operano due clan: “Lanzino-Patitucci” e “Abbruzzese-zingari“. I cosiddetti italiani si sono uniti sotto la stessa “stella“, mentre i soggetti di etnìa rom, che da oltre 40 anni vivono nella zona popolare di via Popilia e in altre aree del territorio, non hanno mai cambiato struttura organica, salvo allearsi di tanto in tanto ad alcuni italiani. vedi il defunto Michele Bruni o più di recente Maurizio Rango.
Il clan composto da “un gruppo di amici”
Le recenti evoluzioni criminali ci portano a dire che l’organizzazione più longeva è sicuramente quella “Lanzino-Patitucci“, essendo quella di riferimento, dopo i vari cambiamenti, a seguito delle vaste operazioni antimafia che hanno colpito duramente la ‘ndrangheta cosentina. Esiste quindi l’associazione mafiosa, “il gruppo di amici”, come lo hanno definito Francesco Patitucci e Michele Di Puppo, nelle rispettive dichiarazioni spontanee, che controlla quasi tutte le attività illecite. E per la Dda di Catanzaro, rappresentata nel processo abbreviato di “Reset“, dai pubblici ministeri Vito Valerio e Corrado Cubellotti, ci sono anche i boss del futuro. Tra questi, i magistrati antimafia parlano della posizione di Marco D’Alessandro.
Il periodo di latitanza di Marco D’Alessandro
Marco D’Alessandro, come si ricorderà, si era reso irreperibile il giorno del blitz, datato 1 settembre 2023, rimanendo latitante fino ai giorni antecedenti allo scorso Natale. Si costituì il 22 dicembre accompagnato dal suo legale presso il carcere di Cosenza, essendo inserito nel contesto mafioso del sodalizio diretto da Francesco Patitucci, più nello specifico vicino al “vice capo” Michele Di Puppo, come una sorta di “contabile” e soggetto dedito alle estorsioni.
Le parole del pm Vito Valerio
Durante la requisitoria, il pubblico ministero Vito Valerio ha dichiarato che «il quadro indiziario è granitico ed è stato pienamente confermato sia in sede di Riesame che ha rigettato il ricorso, sia in sede di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il successivo proposito gravame. Marco D’Alessandro nasce come giovane militante della associazione, quando ancora era senza precedenti, è ancora minorenne sostanzialmente, non ha un precedente giudiziario, ma è censito tra i soggetti contigui a Ettore Lanzino negli atti dell’indagine Terminator. I collaboratori di giustizia ci dicono essere stato battezzato direttamente da Superbo e da Umberto Di Puppo, per poi crescere da un punto di vista ‘ndranghetistico con Michele Di Puppo, che gli avrebbe conferito quantomeno la dote della Santa».
«Sono molteplici – ha affermato il magistrato Valerio – poi i collaboratori di giustizia che parlano del suo inserimento e della sua concreta disponibilità ad agire per l’associazione, in particolare è Zaffonte a rendere dichiarazioni specifiche sul conto di Marco D’Alessandro. Più di recente di Marco D’Alessandro parlerà anche Ivan Barone. Rilevano poi una serie di elementi intercettivi, ad esempio nell’intercettazione del 23 ottobre del 2019 è lui stesso a definirsi una sorta di predestinato dell’associazione, cioè di colui che è destinato a ricoprire posizioni verticistiche all’interno dell’associazione».
«Le stesse attività di intercettazione in questo procedimento rilevano anche il suo dinamismo, la capacità criminale di muoversi tra i vari gruppi dell’associazione, perché sebbene inquadrato, non fosse altro per la sua provenienza ‘ndrangheta di affiliazione al gruppo Di Puppo, diciamo, è abile nel muoversi tra i vari rapporti personali anche direttamente con Francesco Patitucci, c’è un’intercettazione in cui è lui stesso a raccontare della visita fatta a casa di Patitucci, alla presenza anche di Rosanna Garofalo», ex moglie del boss di Cosenza.
Marco D’Alessandro, la scalata verso il vertice
«Oltre a coltivare questi rapporti diretti con il vertice dell’associazione, coltiva anche rapporti con altri esponenti del gruppo e in particolare con il gruppo D’Ambrosio. C’è un’intercettazione in cui è lui stesso a dire che in quel periodo, siamo nel 2019, sta camminando con Adolfo D’Ambrosio. Sono tratti caratterizzanti una personalità molto dinamica, molto arrivista all’interno dell’associazione criminale, di colui che coglie qualsiasi occasione nella relazione con i soggetti, ma anche nella perpetrazione di singole fattispecie delittuose, per accreditarsi all’interno dell’associazione, per ricoprire ruoli sempre più importanti e per rendersi disponibile e fidato uomo dei principali vertici, principali maggiori enti dell’associazione».