La Dda di Catanzaro ha chiesto di acquisire le dichiarazioni spontanee rese dai principali imputati di Reset nel corso del giudizio abbreviato. Il rito alternativo di primo grado si è concluso il 19 dicembre 2024. Prima della sentenza, il giudice Fabiana Giacchetti aveva dato facoltà ai boss della ‘ndrangheta cosentina di intervenire nell’ultima udienza utile per le discussioni difensive. Martedì scorso, pertanto, il pubblico ministero antimafia Vito Valerio, ha prodotto una corposa produzione documentale verso la quale le difese hanno chiesto un termine a difesa.

Gli avvocati infatti hanno precisato che ogni atto presente nel “nuovo” faldone deve essere valutato e su ognuno devono essere poste questioni di attinenza rispetto alle singole imputazioni. Il presidente del collegio giudicante ha rinviato la decisione alla prossima udienza.

Processo Reset, le dichiarazioni spontanee dei boss

Il 7 ottobre gli imputati Francesco Patitucci, Mario “Renato” Piromallo, Roberto Porcaro e Adolfo D’Ambrosio, avevano fornito le loro versioni dei fatti rispetto alle contestazioni. In particolare, Patitucci aveva ammesso di essere a capo di un gruppo di “amici”, con i quali aveva condiviso un percorso criminale. Dichiarazioni evidentemente utili ai fini probatori al punto che la pubblica accusa proverà a farli transitare nel rito ordinario.

Processo Reset, ultimo testimone

Nell’ultima udienza è stato sentito un testimone vittima di estorsione da parte del clan degli “zingari” di Cosenza. Il periodo di riferimento va dal 2012 al 2020, poi le modalità con le quali sarebbe stato chiesto il “pizzo” sono cambiate. Il teste ha affermato che andavano da lui a prendere cesti natalizi. Inoltre, ha precisato di conoscere Rango anche in qualità di frequentatore assiduo del suo esercizio commerciale.

Riguardo ai cesti natalizi, il testimone ha dichiarato di non ricordare se Rango fosse stato direttamente colui che le aveva ricevute, ma di essere certo che lui le avesse comunque pagate. È stato anche menzionato un foglietto dove venivano annotati i pagamenti, ma il testimone ha disconosciuto alcune scritte che apparivano sullo stesso foglietto, ritenendo che non fossero sue. Secondo il testimone, quelle scritte sarebbero di un altro ragazzo che lo aiutava, ma quest’ultimo, ascoltato come testimone dalla difesa di Antonio Colasuonno, non ha fornito alcun riferimento sul punto.

I cesti natalizi a Colasuonno

È stato anche evidenziato che le ceste consegnate a Colasuonno, secondo le intercettazioni del 2018, erano cinque, mentre sul foglietto risultano essere quindici. Il testimone ha dichiarato che non aveva scritto lui quelle informazioni, suggerendo che il documento fosse stato forse alterato. Inoltre, l’avvocato Chiara Penna, difensore di Colasuonno, ha fatto emergere che non vi fosse corrispondenza tra il contenuto del foglietto, i verbali di acquisizione e i verbali a sommarie informazioni.

Alcune incongruenze sarebbero emerse anche sugli orari. Infatti, mentre il testimone si trovava in caserma per un riconoscimento fotografico dei soggetti coinvolti nell’estorsione, avrebbe consegnato il foglietto, che non gli era stato consegnato spontaneamente, ma che i carabinieri sapevano fosse in suo possesso.

A questo punto, la difesa ha richiesto una perizia grafotecnica sul documento, al fine di evidenziare eventuali alterazioni, ma il collegio giudicante non ha condiviso tale istanza così come quella di una nuova perizia sullo stato di salute di Colasuonno e sulla sua capacità di stare in giudizio.