Continua il processo “Reset“, l’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato alla luce un presunto sistema criminale ramificato in diversi ambiti riconducibili alla ‘ndrangheta di Cosenza. Durante l’ultima udienza, svoltasi nell’aula bunker di Castrovillari, sono stati ascoltati quindici testimoni, ognuno chiamato a riferire su specifiche posizioni degli imputati. Le deposizioni hanno riguardato principalmente l’attività amministrativa e imprenditoriale di alcuni soggetti coinvolti, il settore della sicurezza negli eventi, oltre agli aspetti patrimoniali e reddituali di alcuni imputati.

Processo Reset, quindici testimoni in aula

Il primo testimone, un maestro di sci alpino, ha parlato della sua relazione con Francesca Tiralongo (difesa dall’avvocato Giuseppe De Marco), imputata nel processo. Ha raccontato di averla conosciuta nel febbraio 2019 e che nel giugno dello stesso anno la donna era in attesa del loro primo figlio. Ha riferito di un passato di dipendenza, dal quale la donna si sarebbe allontanata dopo la nascita della figlia, avviando un percorso di recupero.

A seguire, un funzionario del reparto controlli antifrode regionale è stato chiamato a deporre sulla posizione di Marcello Rizzuti. Secondo il testimone, la società Gioia Giochi, che gestiva apparecchi da intrattenimento, era sottoposta a controlli periodici e non risultavano anomalie. Rizzuti, secondo il teste, si occupava principalmente della parte amministrativa mentre il titolare era Fabrizio Gioia.

Durante l’esame del pubblico ministero Vito Valerio, è emerso che i controlli venivano effettuati dall’ufficio antifrode, sebbene il testimone non ricordasse con precisione dettagli su verifiche specifiche. Tuttavia, ha confermato che nel periodo 2018-2019 esisteva un decreto che limitava il rilascio dei nulla osta per gli apparecchi da gioco. Ha ribadito, leggendo le relazioni pervenute ai Monopoli di Stato, che non vi sono state irregolarità riguardo l’attività svolta dall’imputato coinvolto nel processo Reset.

Focus sulla società di Giuseppe Caputo

Sul fronte degli eventi musicali e della gestione della sicurezza, sono state ascoltate diverse testimonianze relative alla posizione di Carmine Caputo (difeso dall’avvocato Fiorella Bozzarello). Un imprenditore del settore ha riferito di conoscere Caputo solo a livello personale e di essersi interfacciato esclusivamente con l’agenzia di sicurezza XXL, gestita da Giuseppe Caputo, per l’organizzazione di eventi. «Era l’unica ad avere i requisiti previsti dalla legge». La scelta dell’agenzia sarebbe stata determinata dalla necessità di affidarsi a operatori del territorio, senza dover ricorrere a società fuori regione. «Non conosco Roberto Porcaro e mai nessuno è venuto per conto suo chiedendoci di indicare la XXL per i nostri eventi», ha detto.

Un altro testimone, titolare di un ristorante, ha dichiarato di avvalersi dei servizi della XXL Security dal 2017 e di non aver mai ricevuto pressioni per la scelta dell’agenzia. «Avevo rapporti con Giuseppe, non con Carmine», ha spiegato. «Sapevo da mio padre che la XXL era iscritta all’albo presente in Prefettura ed è per questo che abbiamo deciso di affidarci a loro». Poi la domanda su Porcaro: «Ho letto il suo nome dai giornali, ma nessuno è venuto a indicarci la XXL per svolgere i nostri eventi musicali», ha concluso.

L’ispettore di polizia

Passando agli aspetti patrimoniali e fiscali, la difesa di Silvio Orlando (difeso dall’avvocato Pasquale Naccarato) ha presentato un consulente per esaminare la posizione dell’ispettore di polizia in pensione. Il testimone ha contestato la ricostruzione patrimoniale effettuata dalla Guardia di Finanza, evidenziando incongruenze nei dati e sostenendo che alcuni redditi non fossero stati correttamente certificati. «Orlando era ampiamente perequato», ha dichiarato. Durante l’esame del pubblico ministero, è stato chiesto quale fosse il quesito: «Verificare se vi fosse corrispondenza tra le dichiarazioni e le risultanze investigative».

Inoltre, è stata affrontata la questione delle intercettazioni telefoniche e ambientali, con particolare attenzione alle conversazioni di Orlando. Un perito fonico ha spiegato che nei primi minuti di una conversazione intercettata si discuteva di contabilità tra Orlando e un altro soggetto, ma ha anche evidenziato possibili errori di localizzazione del Trojan utilizzato nelle intercettazioni. Diversi colleghi di Orlando, tra cui un commissario capo della Polizia e un ex comandante dei Carabinieri, hanno testimoniato sulla sua carriera, sottolineando il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata e negando frequentazioni sospette. «Mai visto parlare con Piromallo, Patitucci e Porcaro», hanno detto in coro i colleghi.

Processo Reset, l’imprenditore rendese

Infine, il processo ha visto l’intervento di testimoni a difesa dell’imprenditore Remo Florio (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere), figura legata al settore musicale e organizzativo. Un fornitore di strumenti musicali ha descritto la Dj Service, società di Florio, come un punto di riferimento nel Sud Italia e all’estero. La Dj Service è stata anche elogiata per la qualità del servizio svolto da parte di un’organizzatrice dl Festival “Scolacium” che si tiene a Roccelletta di Borgia.

La segretaria dell’azienda ha ribadito la serietà dell’attività, elencando eventi prestigiosi ai quali hanno preso parte, mentre il commercialista ha certificato un fatturato annuo di circa un milione di euro. Sempre la segretaria ha ricordato un episodio avvenuto con Ivan Montualdista, al quale avrebbe dato mille euro. «Erano soldi conservati nel cassetto, consegnati a titolo personale da Florio al soggetto in questione che ho visto poche volte in azienda». «A Rende e Cosenza non hanno mai chiamato la Dj service», ha aggiunto la segretaria.

Un’analisi forense su un cellulare ha inoltre rilevato la presenza di alcune comunicazioni legate a questioni lavorative e gare d’appalto scolastiche con De Rose. Nel caso di alcuni messaggi rilevati dall’analisi tecnica, è emerso che un certo “Ivan 2″ avesse chiesto soldi a Florio. «”Devo partire con mia madre”, si leggeva.

Nel corso dell’udienza sono state acquisite le dichiarazioni di Roberto Porcaro rese in Corte d’Appello a Catanzaro, nell’ambito del procedimento “Testa di Serpente“. La richiesta è stata fatta dalla difesa di Francesco Casella, assistito dagli avvocati Vincenzo Guglielmo Belvedere e Giuseppe Belcastro. Emessa infine una sentenza di non doversi procedere per intervenuta morte del reo nei confronti di un imputato del processo Reset.