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Prima udienza dibattimentale del processo sull’omicidio di Luciano Martello, assassinato dalla ‘ndrangheta tirrenica e cosentina nel luglio del 2003 a Fuscaldo, lungo la Statale 18. Delitto di stampo mafioso già oggetto di un procedimento penale, ovvero “Tela del Ragno“, dove la Dda di Catanzaro riuscì a far condannare quasi tutti gli imputati accusati di aver partecipato alla cosiddetta “guerra di mafia“.
Luigi Berlingieri, dalla strage di via Popilia a “Reset”
Per quanto riguardato l’assassinio di Martello, nei tre gradi di giudizio sono stati condannati tutti i soggetti coinvolti, ma di recente l’ufficio di procura antimafia del capoluogo di regione, rileggendo gli atti processuali, ha ritenuto di dover avviare un’indagine anche contro Luigi Berlingieri, alias “Faccia di Ghiaccio”, considerato dai magistrati di Catanzaro uno dei presunti esponenti della cosca degli “zingari” di Cosenza, già condannato in via definitiva a 30 anni di carcere per la strage di Via Popilia e attuale imputato del processo ordinario di “Reset“.
Tre pentiti accusano l’imputato
I principali accusatori di Luigi Berlingieri, collegato oggi in videoconferenza dal carcere di Cagliari e difeso dall’avvocato Nicola Rendace, sono tre collaboratori di giustizia: Gennaro Bruni, Daniele Lamanna e Franco Bruzzese. Nel corso dei processi era emerso che Bruni aveva parlato di un autista di etnia rom di corporatura robusta, taciturno, soprannominato “Angioletto”, mentre Lamanna, assolto per l’omicidio di Luciano Martello, aveva appreso che Luigi Berlingieri era al volante dell’auto che quella sera arrivò sul luogo del delitto per uccidere il presunto boss tirrenico. Il guidatore della “squadriglia”, secondo l’autore del delitto di Luca Bruni, era proprio Luigi Berlingieri, «che era solito adottare vari pseudonimi a seconda dai casi, quali cinese, coreano o giapponese, dovuti al taglio orientale degli occhi, e che si trattava di uno “zingaro”».
Per la Dda infine con il pentimento di Franco Bruzzese, avvenuto dopo un po’ di tempo dell’ordinanza cautelare contro il clan “Rango-zingari“, era stato chiuso il cerchio sull’omicidio Martello. L’ex boss «riconoscendo in foto l’indagato» avendo fornito nuovi e «inequivocabili elementi individualizzanti» e mettendo in connessione le deposizioni degli altri due dichiaranti, aveva riferito che il nome dell’autista corrispondeva al nome di Luigi Berlingieri, del gruppo mafioso degli “zingari” di Cosenza, «aduso a cambiare frequentemente “alias” al fine di rendersi più difficilmente identificabile e soprannominato, secondo i casi, giapponese, faccia di ghiaccio, faccia d’angelo o angioletto (nomignolo, quest’ultimo, appositamente adottato per l’omicidio Martello), specializzato in rapine ai furgoni blindati e azioni di fuoco».
Omicidio Martello, il processo contro Luigi Berlingieri
Nella seduta odierna, svoltasi davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, presieduta dal presidente Paola Lucente (giudice a latere Marco Bilotta), la pubblica accusa ha sentito l’ufficiale di polizia giudiziaria che di recente ha unito gli atti processuali di “Tela del Ragno“, affidando il quadro indiziario contro Luigi Berlingieri alla valutazione della Dda di Catanzaro, che per l’imputato aveva chiesto e ottenuto la misura cautelare e ovviamente il rinvio a giudizio.
Il teste, tuttavia, ha più volte fatto riferimento alla sentenza “Tela del Ragno“, suscitando la reazione delle parti processuali, i quali hanno invitato il militare dell’Arma, oltre a ricostruire il fatto storico, ad evidenziare quali erano i riscontri individualizzanti contro l’imputato cosentino. Il tutto è stato circoscritto ai “de relato” dei collaboratori di giustizia, tranne nel caso di Bruni che comunque pare non abbia mai sentito la voce dell’autista che aiutò il commando di fuoco ad eliminare dalla faccia della terra Luciano Martello. È venuto fuori, inoltre, che in realtà Franco Bruzzese, nel 2003, non era il capo degli “zingari“, ruolo apicale che in quella fase sarebbe stato ricoperto dal fratello Giovanni Abruzzese, il quale, alleandosi con il defunto Michele Bruni, avrebbe deciso di aderire al disegno criminoso messo a punto da Nella Serpa al fine di vendicare la morte del fratello Pietro.
Il ruolo di Bruzzese nella ‘ndrangheta cosentina
Franco Bruzzese, come hanno confermato le carte processuali, ha assunto le redini degli “zingari“, tra il 2009 e il 2010, dopo la morte di Michele Bruni e soprattutto a seguito dell’omicidio di Luca Bruni, sancendo la cosiddetta “pax mafiosa” con gli italiani ancora guidati in quel periodo storico dal boss Ettore Lanzino. Bruzzese, come ha fatto emergere la difesa, avrebbe saputo notizie riguardo l’omicidio Martello da altri soggetti ma non ne era a conoscenza il giorno in cui fu deliberato di uccidere il presunto boss di Fuscaldo. Circostanze che sarebbero state rese note negli ambienti criminali cosentini in quanto il clan “Bruni-zingari” era impegnato a recuperare i killer e i partecipi, visto che nell’immediatezza del fatto le strade del Tirreno e del Cosentino erano state presidiate dalle forze dell’ordine. Il processo dunque si giocherà sul nome fittizio attribuito all’imputato in ambito associativo e sulla sua effettiva presenza sulla scena del crimine.