Il narcotraffico è diventato il core business della ‘ndrangheta. I clan cosentini, attraverso le indagini della Dda di Catanzaro, hanno avviato una serie di rapporti dentro e fuori la regione Calabria che hanno permesso sia agli “zingari” che agli italiani di far confluire nell’area urbana cosentina igenti quantitativi di stupefacenti: cocaina, eroina, marijuana e hashish.

L’inchiesta Recovery infatti accende i riflettori sulle attività illecita della cosca capeggiata da Francesco Patitucci che nelle varie dichiarazioni spontanee rese nel processo abbreviato di Reset non ha mai negato di essere a capo di un gruppo di “amici” che controlla il territorio nelle forme più illecite possibili. Lo stesso Patitucci ha sempre chiarito di non aver sottoscritto alcun “accordo” con gli “zingari”, bensì di aver garantito la “pax mafiosa” dopo anni bui che hanno insanguinato le strade cittadine.

Che tra Patitucci e gli “zingari” non corresse buon sangue lo si apprende direttamente dalle carte dell’inchiesta Reset, di cui abbiamo dato conto in centinaia di servizi giornalisti che riassumono i contorni degli esiti investigativi condotti da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Anche in Recovery, tuttavia, vengono alla luce frizioni, almeno secondo il racconto degli investigatori, tra la parte rom e quella italiana.

Chi indaga sostiene che nel 2018, ovvero qualche mese prima degli arresti di Testa di Serpente, ci sarebbero stati problemi tra gli “zingari” e Roberto Porcaro che in quel momento storico della vita mafiosa cosentina aveva la “reggenza” della cosca “Lanzino-Patitucci“. Ne danno conto in una parte dell’informativa utilizzata poi per richiedere le misure cautelare al gip delegato del tribunale Distrettuale di Catanzaro.

Frizioni tra “zingari” e italiani, la data

Magistrati e forze dell’ordine ritengono che il 7 agosto 2018, in una conversazione intercettata, Luigi Abbruzzese, incontrandosi con il fratello Marco (alias lo Struzzo), Alfredo Morelli e Gino Garofalo, apprende che il sabato precedente ci sarebbe stata una violenta lite “in cui sono stati coinvolti tra gli altri Roberto (inteso per Roberto Porcaro), Francesco Bartucci e Gennarino (inteso per Gennaro Presta)». Motivo dei dissidi? Probabilmente il traffico di droga.

Tuttavia, nel corso della conversazione captata dalla Dda di Catanzaro, Luigi Abbruzzese, all’epoca “reggente” del clan degli “zingari” di Cosenza, smentisce che tra lui e Roberto Porcaro ci siano stati problemi di sorta, sottolineando di aver già ammonito Gennaro Presta «dal vendere droga nella sua zona e l’esclusivo spaccio di droga in alcune zone della città è effettivamente il reale motivo dei contrasti tra i Banana e Gennaro Presta».

La “chiacchierata” è interessante dal punto di vista investigativo perché permette di capire che tra Alfredo Morelli e il neo collaboratore di giustizia Gianluca Maestri erano in corso dissapori. In tal senso, Luigi Abbruzzese aveva escluso che l’attuale pentito potesse fare del male a Morelli in quanto, qualora fosse avvenuto qualcosa di grave, lui avrebbe reagito in malo modo, facendo intendere che si sarebbe vendicato proprio con Maestri.

L’incontro tra presunti narcotrafficanti, una parte dei quali è presente anche nell’operazione Athena, consente di ricostruire i movimenti di denaro. Luigi Abbruzzese infatti attende l’uscita dal carcere di Sandro Maestro che «se si metterà a lavorare con loro, gli consentirà la restituzione della somma di 10 mila euro con un dilazionamento anche perché è convinto che Gennaro Presta a breve verrà arrestato per l’espiazione di una condanna definitiva». Siamo nel 2018, esattamente sei anni fa dai giorni nostri.