Secondo il Tribunale del Riesame di Catanzaro, Michele Rende non fa parte della presunta associazione a delinquere dedita al narcotraffico. Le motivazioni con cui i giudici cautelari hanno concesso all’imputato dell’operazione Recovery la misura degli arresti domiciliari, relativamente ai reati fine, fanno cadere dal punto di vista indiziario l’accusa di associazione per delinquere.

L’accusa, rappresentata dalla Dda di Catanzaro, sostiene che Michele Rende sia un uomo di fiducia del sottogruppo diretto da Roberto Porcaro, riconducibile al clan degli italiani capeggiato da Francesco Patitucci. Quest’ultimo, boss della ‘ndrangheta, è stato recentemente condannato all’ergastolo per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti.

Nell’ordinanza si riporta anche la testimonianza del collaboratore di giustizia Giuseppe Zaffonte, il quale aveva dichiarato che Rende si occupava dello spaccio di stupefacenti.

Le intercettazioni e il rapporto con Patitucci

Le indagini avevano evidenziato un’intercettazione da cui emergeva l’intenzione di Michele Rende di scalare le gerarchie criminali del gruppo, adottando la strategia di introdurre l’hashish nel territorio cosentino, dove all’epoca risultava carente. Le investigazioni avevano inoltre messo in luce il rapporto stretto tra Rende e Francesco Patitucci. Tuttavia, il Riesame ha stabilito che le risultanze investigative «non consentono di ritenere adeguatamente dimostrato, che la condotta del ricorrente si inserisse in quella di un più ampio contesto associativo, ovvero che egli si sia avvalso delle risorse dell’organizzazione e, soprattutto, che fosse animato dalla coscienza e volontà di farne parte e di contribuire – con la sua attività illecita – al mantenimento del sodalizio in oggetto».

Il sequestro di cocaina

Il Riesame ha inoltre sottolineato che «né a diversa conclusione può indurre l’analisi dei dialoghi intercettati in occasione e conseguenza del sequestro di circa mezzo chilo di cocaina pura subito dal ricorrente nel luglio del 2021, allorché Illuminato manifestava» a Silvia Guido «la propria preoccupazione, anche in ragione dell’entità – in termini economici – della perdita subita».

Aggiunge il Riesame: «In effetti e per concludere, al di là del rapporto personale – di sicura coninteressenza illecita – con Patitucci e Illuminato e del ruolo fattivo del ricorrente nella vendita al dettaglio del narcotico, le richiamate risultanze non appaiono idonee a dimostrare che Rende facesse consapevolmente parte di una più ampia compagine sovraordinata, condividendone scopi e mezzi, sulla base di un accordo tendenzialmente stabile e duraturo nel tempo».

In merito al presunto ruolo di organizzatore, il Riesame afferma che non emerge alcuna prova che Michele Rende «coordinasse gli altri consociati» né che «risultino censiti rapporti» o che godesse di autonomi poteri decisionali.

Il tribunale ha infine ribadito il carattere congetturale della tesi secondo cui non esisterebbe attività di narcotraffico nel territorio cosentino al di fuori del “Sistema”, in quanto tale affermazione non sarebbe dimostrata. In particolare, si fa riferimento all’idea secondo cui «qualunque episodio di spaccio che si verifichi nel territorio della provincia di Cosenza debba per forza di cose essere riferito sempre all’organizzazione criminale che controlla il mercato illecito degli stupefacenti, con l’ulteriore corollario che tutti coloro che risultino comunque coinvolti in una qualche attività di spaccio di sostanze stupefacenti in quell’ambito territoriale siano, solo per questa ragione, soggetti che necessariamente fanno parte dell’associazione».

Il Riesame ha quindi applicato la misura degli arresti domiciliari per i reati fine, contestualizzandoli nell’ipotesi prevista dall’art. 73 del D.P.R. 309/90. Michele Rende è difeso dagli avvocati Rossana Cribari e Pasquale Marzocchi.