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La lettera inviata da Mario Pranno a Cosenza Channel, prima di costituirsi in carcere a Cosenza, apre una riflessione sulla pericolosità sociale della persona che ha deciso da tempo di chiudere con il passato criminale e rifarsi una vita. Non stiamo qui ad elencare gli omicidi che ha commesso l’ex storico boss di Cosenza, per i quali ha scontato una condanna a 30 di carcere (inflittagli con il rito abbreviato e unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione).
La storia dell’ormai ex alleato di Franco Perna, da una vita al 41 bis, nella guerra di mafia contro la cosca Pino-Sena la conoscono tutti. Ma in questo caso deve essere analizzato un altro aspetto: un soggetto che ha commesso l’ultimo grave reato nel 1994 – contestato nel processo “Garden” – è ancora socialmente pericoloso? Se non è ancora sufficiente rispondere a questa domanda, aggiungiamo altri elementi.
Nel rispetto delle leggi vigenti all’epoca di “Missing“, Mario Pranno ha ottenuto una condanna per aver commesso dieci omicidi di ‘ndrangheta. Qualcuno obietterà sul fatto che meritasse l’ergastolo. Ci sono stati però dei giudici che hanno valutato e deciso che la pena congrua fosse quella che Pranno poi ha effettivamente scontato fino al 2015, anno in cui è ritornato in libertà seppur con la sorveglianza speciale sul groppone. Ed è da questo momento che Pranno ha cambiato modo di vivere, rimanendo estraneo ai contesti criminali.
Ne sono prova, prendendo in prestito un termine tanto caro alla giurisprudenza penale, le inchieste antimafia della Dda di Catanzaro. Dal 2015 ad oggi infatti i pm antimafia e quelli della procura di Cosenza hanno arrestato almeno 500 persone, ma il nome di Mario Pranno non è mai spuntato fuori. Ciò è un segno di discontinuità rispetto al suo sanguinario passato da boss di ‘ndrangheta? La leggerezza commessa al bar poteva essere scontata con una misura alternativa? Su questo e altro devono esprimersi i giudici, tenuto conto anche delle sentenze emesse dalla Corte Costituzionale.
La Consulta, sul tema della pericolosità sociale, ha spiegato che la stessa non deve essere presunta, guardando magari il casellario giudiziale, ma valutata rispetto alle nuove condotte assunte dal soggetto in questione. L’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Catanzaro probabilmente sarà impugnata in Cassazione dagli avvocati di Mario Pranno, i penalisti Marcello Manna e Gianluca Garritano.