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Nel processo abbreviato di Reset l’ultimo capitolo è stato dedicato al “Gaming“, ovvero il gioco d’azzardo”, e alle presunte connessioni con la ‘ndrangheta. Nella scorsa udienza infatti la Dda di Catanzaro si è soffermata su alcune figure, una su tutte quella di Daniele Chiaradia, ritenuto tra i soggetti promotori dell’associazione a delinquere che avrebbe agevolato, con le rispettive condotte, la presunta confederazione mafiosa capeggiata dal boss di Cosenza Francesco Patitucci.
“Gaming” e ‘ndrangheta, parla la Dda di Catanzaro
«Le emergenze investigative», ha detto il pm antimafia Corrado Cubellotti, sono «costituite essenzialmente dalla dichiarazione dei collaboratori di giustizia e dagli esiti dell’attività di intercettazione hanno consentito all’Ufficio di Procura di pervenire alla costruzione di un editto accusatorio relativo a questa parte del giudizio che oggi ci occupa che in termini plastici può essere rappresentato come una costruzione scalare, cioè in buona sostanza l’ipotesi accusatoria muove da un rapporto tra la confederazione di ‘ndrangheta che esercita la sua pretesa egemonica sul territorio della città di Cosenza e territori limitrofi e una serie di gruppi imprenditoriali e organizzati nello svolgimento dell’attività di gaming».
I presunti associati e la parte imprenditoriale
Secondo la Dda di Catanzaro, «la costruzione» del “Gaming” «si presenta scalare perché al vertice della piramide c’è l’organigramma associativo, la sua pretesa tentacolare di controllare con metodo mafioso il territorio, condizionando le attività economiche. A livello intermedio di questa costruzione ci sono i soggetti associati, e parlo di quelli che l’Ufficio di Procura nella sua prospettiva accusatoria richiede siano facenti parte della confederazione e cioè in particolare Salvatore Ariello, Mario Piromallo, Alberigo Granata, Roberto Porcaro, che in qualche modo hanno delle cointeressenze nel settore dei giochi e del gaming e che fungono da cerniera tra i proventi di quell’attività e la bacinella gestita dal sodalizio. A questo secondo livello costituito dagli associati c’è il livello intermedio dell’imprenditoria collusa che riguarda alcune figure come Daniele Chiaradia e altri soggetti facenti parte di gruppi imprenditoriali ai quali viene contestato il concorso esterno».
«La gestione delle sale da gioco e le agenzie di scommesse secondo la normativa nazionale hanno anche a valle, quindi l’autorizzazione a monte dello Stato a cui si giustappone a livello intermedio un’altra autorizzazione che passa attraverso l’accordo con la confederazione di ‘ndrangheta, che ha una clausola di esclusione, cioè nel senso attraverso questo accordo con la confederazione di ‘ndrangheta per il tramite di alcuni suoi esponenti che rivedremo più volte nel corso di quella discussione, Piromallo, Granata, Roberto Porcaro, Ariello, per effetto di questo accordo riescono ad ottenere l’esclusione dal settore di tutti gli altri imprenditori che pur avendo l’autorizzazione a monte non sono abilitati ad operare in forza del bene placito della Locale di criminalità organizzata» ha aggiunto il pm antimafia Cubellotti.
«Il duplice circolo vizioso»
«Questo consente un duplice circolo vizioso tra virgolette, un ottimizzazione dei vantaggi leciti per gli imprenditori, che nei loro gruppi affaristici si occupano, sono dediti all’attività di gaming e il secondo effetto di questo circolo vizioso è il rimpinguamento costante della bacinella gestita dalla confederazione con i flussi di denaro in entrata e quindi in uscita da coloro che gestiscono il settore».
Tuttavia da un punto di vista cautelare, il capitolo del “Gaming” è quello che ha retto di meno dinanzi al giudizio della Cassazione, che in diversi casi ha annullato con rinvio le ordinanza di conferma del Riesame di Catanzaro che in seconda battuta ha sempre condiviso le argomentazioni in punto di diritto espresse dagli ermellini. Vedi ad esempio, la posizione di Damiano Carelli e dell’assessore comunale di Cosenza Francesco De Cicco, entrambi ritornati in libertà dopo alcuni mesi.