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Le richieste di misura cautelare dell’inchiesta “Athena” arrivano quando alcuni degli imputati sono ancora in vita, vedi Maurizio Scorza (ucciso nel duplice agguato di Cassano insieme alla fidanzata), o fanno parte attivamente della ‘ndrangheta. Nel secondo caso parliamo di Ivan Barone, pentitosi nei primi giorni di settembre 2022, allorquando venne raggiunto insieme a centinaia di persone dall’ordinanza cautelare di “Reset“, la maxi inchiesta contro i clan degli italiani e degli “zingari” di Cosenza.
Al centro del mondo di Ivan Barone, e non solo, c’era soprattutto il narcotraffico, oltre al compimento di atti delittuosi a scopo estorsivo. Lo ha spiegato ai magistrati della Dda di Catanzaro, contribuendo a fare chiarezza sulle dinamiche criminali in provincia di Cosenza che, ovviamente, dovranno ottenere un vaglio dibattimentale per risultare pienamente credibili ai fini processuali.
Proprio del traffico di sostanze stupefacente si parla di uno degli ultimi verbali resi dal pentito dinnanzi agli investigatori che collaborano con i magistrati antimafia di Catanzaro. Nel caso in esame, il collaboratore di giustizia riferisce dei rapporti avuti con Gianluca Maestri, con il quale avrebbe condiviso la “reggenza” del clan degli “zingari” di Cosenza dopo gli arresti di “Testa di Serpente“, e con un ragazzo figlio di un uomo in divisa.
Nella parte in cui il collaboratore evidenzia le sue conoscenze nel territorio della piana di Sibari, dove aveva saputo da Maestri e dagli Abbruzzese “Banana” di Cosenza «che vi era un’alleanza tra gli Abbruzzese di Cassano e i Forastefano», due cosche un tempo nemiche ma oggi unite al fine di compiere assieme «tutte le attività illecite della zona», spiega alla Dda di Catanzaro che uno dei soggetti coinvolti in “Athena“, è in realtà «una persona che spaccia stabilmente cocaina e marijuana, che gli veniva fornita da me, da Sandro Maestro (fratello di Gianluca Maestri) e da Marco Abbruzzese “lo struzzo”».
Il pentito sottolinea che «so che era anche consumatore di stupefacenti, ma posso dirvi per certo, anche in considerazione degli elevati quantitativi di stupefacente che gli davamo (50 grammi di cocaina alla volta) che la cedeva a terzi», collaborando, secondo Barone, «nell’attività di spaccio» di un altro soggetto cosentino, già noto alle forze dell’ordine.
L’uomo di cui parla l’ex esponente della cosca “Rango-zingari“, «era debitore nei confronti di Maestri di somme di denaro per l’acquisto di stupefacente e che in un’occasione, per estinguere il debito, gli cedette della marijuana, forse 2-3 chili». Tuttavia Maestri, «pur essendo creditore di somme di denaro nei confronti» del cosentino, «aveva timore nel chiederglieli poiché sapendo che era figlio di un carabiniere, sospettava che lo avrebbe potuto registrare». Barone, inoltre, cita anche una frase che avrebbe detto l’imputato di “Athena“, nel tentativo di tranquillizare Maestri: “Io non sono come papà”. Ma la mole di debiti accumulata dal figlio dell’uomo in divisa avrebbe spinto quest’ultimo a cedere in pegno «la propria pistola di ordinanza» al fratello di Maestro.
Altra circostanza “spifferata” da Barone ai magistrati di Catanzaro è quella secondo cui il soggetto cosentino di cui si fa ampio cenno nelle carte del procedimento “Athena” avrebbe avuto una serie di amici nella zona della Valle dell’Esaro «ai quali cedeva, affinché questi ultimi la spacciassero in quei paesi, alcuni quantitativi di cocaina (10 grammi alla volta), che io gli davo – ha concluso Barone – in “conto vendita”».