Panico o psicosi collettiva: questo è il fenomeno che sembra essersi generato negli ultimi giorni in Italia, dopo la scoperta della presenza a Roma di due turisti cinesi affetti dal così detto “coronavirus”. Da quel momento in poi, ciò che sembrava solo preoccupante ma lontano, è diventato immediato terrore, nonostante le rassicurazioni circa il fatto che l’epidemia sia sostanzialmente confinata in Cina.

Paura eccessiva al primo accenno di raffreddore o mal di gola, corsa all’acquisto di mascherine, episodi di intolleranza nei confronti degli orientali ed attività commerciali cinesi costrette a chiudere, sono solo alcuni degli allarmanti comportamenti registrati. Azioni apparentemente inspiegabili ma che trovano la loro origine nella percezione del rischio per se stessi e per la propria incolumità: fattore in grado di scatenare reazioni molto differenti ed a volte anche molto pericolose.

Psicosi spontanee di massa: ecco cosa succede

Quando, infatti, la percezione del rischio è alterata – volontariamente e non – si genera quella che è definita psicosi collettiva, come probabilmente sta accadendo in queste ore nel nostro Paese, seppur il rischio reale di diffusione del virus, a quanto affermano fonti autorevoli, sia pari a zero. Nella storia si sono registrati molti casi di psicosi spontanee di massa, ma in questo periodo sono molto più frequenti le psicosi indotte e organizzate, volte a generare cambiamenti collettivi attraverso la manipolazione.

Non è certo una novità che ciò possa accadere attraverso il controllo dei mezzi informazione di massa: gli unici in grado di modificare il giudizio e la percezione individuale del mondo. Molto più semplice diventa se a divulgare determinate informazioni sono personaggi mediaticamente influenti cui nessuno può considerarsi immune: dagli individui con uno scarso bagaglio informativo ai soggetti dalla cultura medio alta. Semplicemente perché la logica può andare tilt in modo selettivo non appena il punto di vista di un soggetto autoritario o del gruppo di riferimento tocca alcuni temi specifici, dandogli dunque maggior credito, attraverso un trasferimento di responsabilità. 

Il periodo della Germania Nazista

Gli esperimenti con l’elettroshock di Stanley Milgram, che voleva capire la natura della psicosi di massa nella Germania Nazista, hanno evidenziato come la ragione si possa disinserire come se saltasse un impianto elettrico per un corto circuito, provando come fosse possibile trasformare una persona del tutto normale in un criminale. Ed è molto frequente che accada alla folla, intesa come aggregato che agisce senza responsabilità e razionalità, poiché moralmente e intellettualmente inferiore alla media dei suoi componenti.

Non a caso Le Bon rilevava che in essa predomina l’inconscio e che le masse si comportano come primitivi  guidati da istinti incontrollabili e imprevedibili. L’esperimento carcerario di Stanford è uno degli esempi più drammatici di deindividuazione. Sulla stessa linea di pensiero sono d’altra parte le affermazioni di Freud, secondo cui quando ci si trova a far parte di un gruppo, ristretto o non, l’uomo non risponde più ai propri valori e al proprio senso di responsabilità ma cede alle condotte collettive.

È attraverso questi meccanismi, dunque, spostando i limiti di ciò che la morale pubblica considera accettabile, che le persone sono costrette ad inventare nemici interni ed esterni per conservare il proprio posto, il proprio potere ed allontanare un eventuale “rischio” spesso inesistente. Ieri erano pericolosi gli immigrati nord africani, ora una popolazione presunta portatrice di un virus, domani sarà una determinate categoria.  Ed è così che una persona ordinaria si trasforma in un soggetto che si rallegra per uno sterminio di massa, per un rimpatrio o per un arresto in nome della propria causa e della propria idea di “giustizia”.