di Tony Vivacqua

In riferimento alla lettera inviatavi da tale Gina Montone sul presunto malcontento nel Centro Storico di Rende per la chiusura quasi totale del Museo Bilotti, che occupa il nostro Castello, si specifica che nessuno del paese conosce la signora: qualcuno, è evidente, ha utilizzato uno pseudonimo perché non ha il coraggio di scrivere a nome suo o non può farlo, perché interessato a che il Museo resti aperto o, se e anche esistesse, sarebbe persona che abita da poco nel Centro Storico ma che, comunque, non vive o si adopera per la nostra comunità, per cui non avrebbe diritto di parlare a nome di essa, tanto più per proferire menzogne!

Per tantissimi Rendesi, non solo del Centro Storico, anzi, quel Museo sarebbe da chiudere definitivamente il prima possibile, liberando il Castello, da destinare ad altri e ben più necessari utilizzi per la collettività.

Il malcontento per il Castello, difatti, tantissimi lo nutrono per l’opposto di quanto riporta la lettera: sia perché, come per altre strutture abbandonate o con ristrutturazioni ferme da anni, per il Castello le nostre lamentele erano incessanti per le continue e lunghissime interruzioni dei lavori, senza spiegazioni sulle responsabilità, se della ditta esecutrice o della Soprintendenza per le Belle Arti, sia perché siamo avviliti dall’assistere inermi alla gestione scellerata, priva di rispetto verso la nostra storia e di empatia per il sentire popolare verso il palazzo più importante della Città, il nostro Castello Normanno Svevo.

Questo, è stato lasciato alla gestione privata di un gruppo di fratelli, i Bilotti, con una concessione mai del tutto chiarita ai cittadini, come sarebbe stato dovere fare ad opera di chi amministrava, proprio per la fumosità che aleggiava intorno al caso. La mancata smentita dell’ipotizzata concessione per 99 anni alla famiglia Bilotti, infatti, inesistente documenti alla mano, provocava rancore verso ciò che si riteneva un tradimento e rassegnazione sia da parte dei cittadini che da amministratori “distratti” da una falsa verità.

Il vile attacco verso più soggetti attraverso la lettera, è pretestuoso e surrettizio, perché omette aspetti molto sentiti da noi del Centro Storico e che gridano allo scandalo, tant’è vero che, è doveroso ricordare, di tali aspetti si è occupata in passato, in modo esemplare, l’associazione Spazio Aperto 1495, presieduta dal nostro stimato concittadino, ingegner Gianluca Morrone, con più articoli precisi e documentali, che hanno evidenziato come lo spostamento delle Casa Municipale dal Castello, sede dell’autorità amministrativa da oltre 500 anni, ovvero dal lontano 1495, sia stata devastante per un paese già in declino per scelte politiche assurde, e l’idea di concederlo a privati, per un utilizzo non solo dubbio nella destinazione ma sopratutto pessimo quanto a ricadute sociali per il nostro paese, sia stata rovinosa.

L’azione meritoria di Spazio Aperto 1495, inoltre, ha ristabilito la verità sull’assenza di concessioni per 99 anni e sulla stranezza delle donazioni della famiglia Bilotti mentre la stessa intentava cause al Comune di Rende per risarcimenti, poi riconosciuti dai tribunali: ciò lascerebbe ipotizzare, a chi non dorme o è ipocrita, un accordo tra le due parti.

Ora, prima di entrare nel merito, è giusto invitare a una doverosa autocritica coloro che si sono prestati alle falsità su Museo e Castello, che toccano parte del disagio su più fronti di noi Rendesi del Centro Storico, chiamando ad un confronto pubblico la sedicente Gina Montone e le presunte associazioni “locali” (addirittura si parla genericamente di più associazioni, e si citano solo due, tra le altre, ovvero “La Mongolfiera” e “Donna Mediterranea” con la sua presidente, signora Amalia Nava), che vaneggiano sul concetto di tutela del patrimonio culturale da preservare per il nostro territorio, distorcendo la realtà e negando che l’attribuzione abusiva a privati del Castello, con un uso pessimo e inesistenti benefici per la comunità, sia stata causa di affossamento della fruibilità dello stesso e che ciò rientra, a pieno, nell’opera di definitivo declino del Centro Storico, a cui ha contribuito tale operazione.

Il documento principale

Intanto va chiarito che, a parte successive donazioni dei Bilotti e/o altri provvedimenti che potrei disconoscere ma che inciderebbero poco, perché non si ha notizia di grandi cambiamenti nella gestione museale, sin dalla nascita il tutto è regolamentato dalla Delibera di Giunta Comunale n° 21, del 26/3/2013, con Sindaco l’avvocato Vittorio Cavalcanti, che accoglieva la proposta con la quale Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona, in proprio e per conto dei suoi fratelli, Sigg.ri: Mario Eugenio Bilotti, Edvige Patricia Maria Bilotti, Daniela Claudio Maria Bilotti, Edivige Maria Bilotti e Vincenzo Bilotti Garritane, eredi del defunto sig. Vincenzo Bilotti, manifestava la volontà di regalare una serie di opere al Comune di Rende. Le cause intentate contro il Comune dagli stessi soggetti, ovviamente, lasciano molti dubbi in merito alle motivazioni e alla genuinità di quella generosità.

La concessione per 99 anni non esiste

Espressa la convinzione dell’inutilità di lasciare una struttura così importante in mano a privati senza alcun beneficio reale per la comunità, chiariamo come si può interrompere il rapporto con la famiglia Bilotti, in base all’articolo 8 della predetta Delibera:

“Ai sensi e per gli effetti dell’art. 793 del Codice civile, i donanti odierni costituiti dichiarano di gravare la presente donazione dei seguenti oneri a carico del Comune di Rende donatario:

a) costituzione del museo nel castello Normanno-Svevo di Rende, con la collocazione delle opere moderne e contemporanee a piano terra e quelle ceramiche al piano nobile;

b) intitolazione dell’edificio predetto: “Museo Bilotti Ruggi d’Aragona”.                                        Nell’eventualità che l’Amministrazione comunale di Rende non proceda alla costituzione del predetto Museo, o che i beni oggetto della presente donazione, tutti o in parte, vengano rimossi dal costituendo Museo, se non per mostre temporanee, o che la predetta denominazione venga cancellata o integrata o modificata, il presente contratto di donazione verrà risolto per inadempimento su richiesta di anche uno solo dei presenti donanti o di un loro erede”.

L’Ente, dunque, può riprendere il Castello quando vuole: avvisando i donanti e togliendo le opere dal prezioso maniero. Basta la volontà politica di farlo e poi definire il destino delle opere, quasi tutte di cattivo gusto e dubbio valore. Questa non è un’illazione provocatoria ma si basa su due fondamenti oggettivi:

  • il valore stimato delle opere fu dichiarato su perizia dei donanti, senza alcun atto del Comune per stabilire se corrispondesse alla realtà o meno; 
  • chiunque, di buonsenso, può andare a verificare da sé, e si prega di non appellarsi all’inaccessibilità di certo tipo di arte, per noi “ignoranti”, pur di sostenere tesi inaccettabili.

L’articolo 8, ancora, stabiliva la destinazione iniziale dell’esposizione: piano terra per le opere moderne e contemporanee e il piano primo, “nobile” come i Bilotti, per le ceramiche. I generosissimi, invece, non si sa come, sono riusciti ad ottenere addirittura la concessione di un altro edificio storico di Rende, per esporre le ceramiche con creazione di un nuovo museo. Del resto, si continuavano a donare opere d’arte, il Comune “con gratitudine” accettava, lo spazio per le ceramiche diminuiva e per l’ulteriore corposa donazione di quest’ultime si doveva pur trovare una soluzione! Ed ecco la genialata: al Centro Storico si lamentano per il Comune tolto e il Castello concesso ad un cattivo uso? E ai Bilotti diamo pure Palazzo Bucarelli, per il museo delle ceramiche! I cittadini? E chi sono?

Già, perché se si ascoltassero loro, a proposito del possibile riutilizzo del Castello, si dovrebbe ammettere che è del tutto motivata e con fondamento logico e di vero amore verso il Centro Storico, la proposta lanciata ai tempi della loro denuncia da Spazio Aperto 1495: riportare il Municipio nel Castello, giacché non esiste alcuna argomentazione, realmente sensata, che lo impedisca.

Le risposte alle falsità

Ecco le verità che sconfessano le menzogne, e le evidenze che scoprono le vili omissioni, riportate nella ridicola denuncia:

  1. A Rende Centro non si è “scatenata” alcuna protesta né sollevata alcuna dura denuncia. Non conosciamo l’autrice della lettera e non abbiamo contezza di reali azioni per il nostro paese delle due associazioni che prendono le difese del Bilotti: queste, e i loro componenti, conoscono la storia del Centro Storico? Hanno notizia del danno creato dallo spostamento del Comune ad un tessuto sociale e ad un’economia già affossati dal disinteresse Amministrativo decennale? Sono a conoscenza del fatto che la vitalità, e persino alcune attività commerciali, si basavano sulla frequentazione garantita da dipendenti ed utenti del Comune? Tali associazioni, quale mondo avulso al nostro, vivono?
  2. La decisione di ridurre ulteriormente l’orario di apertura del Museo Bilotti, non è stata presa dal Direttore del Polo Culturale, Sottile, ma dalla Commissione Straordinaria, con Delibera n. 7 del 23/01/2025: “… dall’analisi delle abitudini dei visitatori del Museo Comunale D’Arte Contemporanea ‘Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona’ verificata ed attestata dal Direttore del Polo Culturale, al fine di procedere con una gestione improntata alla efficienza si rende necessario modificare l’orario di apertura al pubblico…”. Praticamente, i Commissari hanno  coraggiosamente preso atto del pietoso numero di visitatori settimanali, che non giustificava un’apertura diversa. Facevano eccezione le rare visite scolaresche, con bimbi che chissà quanto apprezzavano alcune “opere”: su tutte le vulve, i falli, le immagini blasfeme, le composizioni orrende, esposti in alcune stanze. A riprova dell’adeguatezza della decisone Commissariale, si annota che le visite su richiesta, oltre l’apertura garantita di Domenica mattina, sono anch’esse quasi nulle. Inoltre, a fronte dello scarsissimo interesse verso questo Museo, di cui posso dare diretta testimonianza perché ho lavorato lì per oltre 5 anni fino a pochi mesi fa, l’Ente manteneva spese enormi: manutenzione ordinaria e straordinaria, pulizia, utenze, personale, servizio di vigilanza, ecc.

Quindi, il Comune, utilissimo per i cittadini, è stato spostato dal Castello per un vezzo e per gli interessi che girano intorno a grandi opere mentre il Museo Bilotti, senza alcun beneficio per noi, è rimasto lì per anni e, secondo la logica di tanti sciacalli che aspettano che vada via la Commissione Prefettizia e torni “la Politica”, c’è pure il rischio che si continui.

Noi però, speriamo che chiunque guiderà il Comune, prenda atto di questo dramma e, per una volta, faccia ciò che vuole la gente.

  1. La Scuola di Liuteria, che comunque resta un vanto per la nobile tradizione che porta avanti con qualità, evidentemente è stata menzionata col duplice scopo di attaccare sia il presidente dell’associazione che la amministra, sia la “gestione” del Museo Civico. Difatti, molto semplicemente, tale scuola è ubicata all’interno del Museo ma non ha nulla a che vedere con quest’ultimo. Appare operazione di misero artificio, dunque, porre in modo ingannevole la questione denunciata additando una presunta “gestione poco attenta del Museo Civico”, affiancandola alla verità oggettiva che “lo stesso” ospiti la Scuola di Liuteria, la quale ha gestione a sé stante. L’accesso alla scuola NON richiede alcun contributo economico ai visitatori. Se è stato commesso qualche errore nel chiedere esigui contributi per particolari momenti o eventi, si chiedano spiegazioni al presidente, che sicuramente saprà fornirle.

Le accuse rivolte alla gestione del Museo Civico, perciò, offendono in modo indegno la verità per quello che è un vero tesoro per la nostra comunità, in quanto scrigno di preziosi reperti ed oggetti della tradizione Rendese e Calabrese, della cultura contadina e dell’artigianato di ogni tipo, oltre che di rinomatissimi dipinti di arte sacra.

  1. Il direttore del Polo Culturale, Roberto Sottile, ha partecipato ad un avviso pubblico (prot. N. 63120), indetto e pubblicato sull’Albo Pretorio, resosi necessario dopo l’esito negativo della manifestazione di disponibilità per l’affidamento dell’incarico destinata al personale comunale interno. La critica allusiva per cui al “bando” abbia partecipato “unicamente lui”, è del tutto pretestuosa, dato che il bando è stato regolarmente reso pubblico secondo dettami e tempistiche di Legge. Tale omissione di informazioni è, anch’essa, miseramente ingannevole e, unita quest’accusa infondata: “… la decisione del direttore del Polo Museale, Roberto Sottile, di chiudere quasi completamente il Museo d’Arte Contemporanea Bilotti…”, spero diventi motivo, per lo stesso, di querelare l’autore della lettera.

L’ereditarietà non esiste

Detto che la gestione del Castello è sempre rimasta del Comune e solo la “direzione artistica” data a Roberto Bilotti, va ulteriormente spiegato che non esiste alcuna ereditarietà dell’ipotizzata concessione del Castello per 99 anni, che abbiamo visto essere inesistente. Basta leggere l’art. 9 della delibera originaria che qualcuno ha letto distrattamente ed interpretato male: il sig. Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, co-donante e promotore della donazione, è stato nominato membro a vita del Comitato Scientifico e solo in caso di sua morte, o di impossibilità per cause di indegnità a ricoprire pubblici uffici onorari, l’Amministrazione Comunale garantirà la presenza nel Comitato scientifico di un discendente del dott. Vincenzo Bilotti.

L’ultima offesa

A quanto sopra si aggiunge la stranezza che, da qualche tempo, negli atti amministrativi del Comune compaia la denominazione “Museo d’Arte Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona”: ma la delibera originaria non prevedeva che si intitolasse ad uno dei fratelli, il factotum e componente del comitato scientifico. Anche qui: c’è stato qualche atto pubblico che ha ratificato il cambio di denominazione, oppure è un errore? Perché intitolare il Museo addirittura ad personam, sarebbe oltremodo inadeguato e offensivo.

In ultimo, per ristabilire definitivamente la verità sulla paternità della concessione del Castello, non resta che invitare l’avvocato Vittorio Cavalcanti, che il 2013 ebbe poi la dignità, onorevole, di dimettersi da Sindaco perché qualcuno aveva reso impossibile il suo libero agire, ad intervenire per dire ai cittadini se la scelta fu del tutto sua o determinata da pressioni esterne, pretese o altro, casomai specificando di chi: questo metterebbe a tacere tante illazioni. Lo faccia, Avvocato Cavalcanti, per amore della giustizia e della verità, perché a Rende tanti hanno la memoria corta e la faccia tosta!