Il 4 giugno 1561 segna una delle pagine più dolorose e oscure della storia religiosa e sociale della Calabria perché nella notte a cavallo con il 5 giugno, la Calabria e anche Cosenza, si tinse di sangue. Ebbe inizio già alla fine di maggio una dura e tragica persecuzione contro la comunità valdese presente nella regione, con episodi di violenza estrema, esecuzioni sommarie e repressione feroce, che coinvolsero anche la città di Cosenza. Sessanta persone furono uccise a San Sisto ed il paese distrutto, mentre a Montalto, fu atrocemente tagliata la gola, uno dopo l’altro, a 80 valdesi, che vennero lasciati dissanguare come maiali; i loro cadaveri furono poi impalati, come monito, sulla strada per Cosenza. La cittadina di Guardia Piemontese piccola cittadina fortificata valdese, in quella tragica notte tra il 4 e il 5 giugno, venne presa con l’inganno dai soldati del feudatario Salvatore Spinelli il quale convinse i guardioli ad aprire le porte del paese per far entrare 50 soldati, fatti passare per prigionieri e scortati da altrettanti militari, con la scusa che costoro dovevano essere rinchiusi nelle carceri. Di notte quei cento soldati uscirono dalla prigione e aprirono la porta principale di La Guardia, facendo entrare le truppe. Quella porta fu chiamata da allora Porta del Sangue perché il sangue scorreva come un fiume attraverso quell’apertura.

I Valdesi in Calabria: un’identità minacciata

I Valdesi erano un gruppo religioso riformato, nato in Piemonte nel XII secolo, che si distingueva per la sua adesione a un cristianesimo povero, rigoroso e alternativo rispetto alla Chiesa cattolica ufficiale. Nel corso dei secoli, a causa delle persecuzioni e delle tensioni religiose, i Valdesi si diffusero anche in altre regioni italiane, tra cui la Calabria. Qui trovarono piccole comunità, spesso isolate, ma determinate a mantenere fede alle proprie convinzioni religiose.

La persecuzione del 1561: contesto e cause

Il XVI secolo fu un periodo di forti tensioni religiose in Europa, con la Riforma protestante da un lato e la Controriforma cattolica dall’altro. In Italia, la Chiesa cattolica intensificò le misure di controllo e repressione contro ogni forma di eresia, e i Valdesi, considerati eretici, furono tra i principali bersagli.

In Calabria, la presenza valdese rappresentava una minaccia per l’ordine religioso e politico locale. Le autorità ecclesiastiche e civili, sotto la spinta dell’Inquisizione, diedero inizio a una serie di azioni punitive volte a estirpare questa comunità.

Gli eventi del 4 giugno 1561

Il 4 giugno 1561 si aprì una campagna repressiva violenta contro i Valdesi calabresi. Molti furono arrestati senza processo regolare, accusati di eresia e condannati a pene che spesso si risolsero in esecuzioni sommarie. La città di Cosenza, importante centro amministrativo e religioso, divenne uno dei luoghi chiave di questa repressione. Qui furono giustiziati numerosi membri della comunità valdese, mentre altri furono sottoposti a torture e deportazioni.

Gli atti di violenza non si limitarono alla sola capitale provinciale, ma si estesero in tutta la regione, colpendo le comunità più piccole e isolate. La persecuzione aveva l’obiettivo di annientare ogni resistenza religiosa che potesse mettere in discussione l’autorità ecclesiastica e civile. La repressione del 1561 rappresentò un duro colpo per la comunità valdese calabrese, che vide quasi cancellata la propria presenza dalla regione. Molti sopravvissuti furono costretti a fuggire o a convertirsi, e la memoria di quei fatti rimase a lungo nascosta o dimenticata.