I penalisti della Camera penale di Cosenza deliberano l’astensione alle udienze dal 16 al 20 settembre 2024 in segno di protesta contro la gestione del maxiprocesso “Reset” che, a cadenza settimanale, trasferisce da Cosenza a Lamezia, «un intero ufficio giudiziario», determinando così uno «stato d’assedio» della Sezione penale del tribunale. In un documento diramato agli organi d’informazione, i penalisti assumono una dura presa di posizione contro il ministro della Giustizia e contro le Istituzioni, additate di essere «sorde rispetto alle conseguenze dei maxiprocessi nella Calabria giudiziaria».

«Nonostante l’impressionante sforzo organizzativo di magistrati e cancellieri della sezione penale del Tribunale di Cosenza – scrivono gli avvocati . abbiamo assistito e continuiamo a constatare le inevitabili riassegnazioni di processi monocratici, anche in avanzata fase istruttoria, ad altri giudici, con rinvii delle udienze di diversi mesi, con inevitabile negazione delle prerogative di tutte le parti processuali e, a seguito del mutamento della composizione dei collegi, con pregiudizio del principio dell’oralità».

Alle porte, inoltre, c’è un altro maxiprocesso – nome in codice “Recovery” – e quindi la situazione sembra destinata a peggiorare. Gli effetti più nefasti, dal punto di vista difensivo, riguardano le posizioni cautelari, il tutto, va da sé, a scapito della presunzione di non colpevolezza.

I penalisti bruzi sono duri verso il Guardasigilli: «Prendiamo atto dell’immobilismo del Suo Dicastero – oltre che dell’assenza di intervento da parte delle istituzioni politiche tutte, nazionali e regionali – dinanzi al grave stato in cui versa la  giustizia penale nel Circondario giudiziario del Tribunale di Cosenza e nel Distretto della Corte di Appello di Catanzaro, che riassumiamo: il maxiprocesso, in questa terra oramai nota come la “Calabria giudiziaria”, è divenuto (da eccezione tollerata nel sistema penale) la regola che trasforma determinati processi in un contenitore “monstre”, in cui centinaia di presunti innocenti e le rispettive incolpazioni sono agglomerati, dalla cosiddetta “connessione mafiosa”. Questa forma di procedimento, ritenuta dalle Procure antimafia come l’unico, inevitabile congegno per combattere la criminalità mafiosa si è dimostrata -e continua ad essere- un vero disastro per la organizzazione degli affari penali nel Circondario del Tribunale di Cosenza e nel Distretto della Corte di appello di Catanzaro, in cui, di volta in volta, centinaia di imputati e imputazioni, ammassati in un unico maxiprocesso, sono riversati in Uffici di sezioni penali composti da un numero di giudici  insufficiente«.

I penalisti cosentini si rivolgono anche al CSM e ai Consigli giudiziari, competenti per le assegnazioni dei magistrati nelle sezioni penali dei Tribunali:  «Una giustizia così congestionata provoca più vittime: il presunto innocente, nei cui confronti tale organizzazione della giustizia corrisponde alla sua negazione, perché trasforma la misura cautelare in pena preventiva; la  Magistratura, in quanto costretta a dare risposta alla domanda di giustizia in condizioni catastrofiche, in pochi giorni se non addirittura in poche ore -si pensi ai tempi del riesame personale – e in assenza di adeguato organico; l’Avvocatura,  spogliata delle prerogative di tutela di diritti costituzionali, trasformata in un -mal tollerato- ostacolo all’incedere della giustizia».