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di Pino Capalbo*
Il PD, in particolar modo la rappresentanza in Consiglio regionale della provincia di Cosenza, è sempre più stordito perché privo di qualsivoglia strategia, al punto di risultare evanescente.
Dopo le nette vittorie di Vibo Valentia con Romeo (dopo 15 anni di amministrazione di Centro Destra) e di Corigliano-Rossano con Stasi, mi aspetterei che si iniziasse a discutere di come costruire un’alternativa al Centrodestra regionale,proprio nel momento in cui sembrerebbe finita la luna di miele tra la governance regionale e i calabresi.
Mi piacerebbe si aprisse il Partito ai giovani, assumendo una precisa identità su determinati temi e fare quindi una opposizione che sia percepita come reale alternativa. Ma non accade, perché l’azione del Gruppo consiliare regionale è priva di una strategia politica capace di evidenziare la vacua attività del governo regionale: su questo dovrebbe svolgersi una seria riflessione in sede di partito. Il Segretario regionale Nicola Irto ha, dunque, un bel da fare, ancor più se si vuole affrontare il tema di un partito che ormai vive senza alcun rispetto delle proprie regole.
Quello del PD è, infatti, il caso di una organizzazione dove le regole vengono interpretate a seconda dei casi, cercando di legittimare comportamenti di Dirigenti e iscritti non giustificabili. Ciò è quanto accade verso quanti si candidano nel PD e costituiscono poi Gruppi diversi, oppure verso Dirigenti che si candidano in liste civiche dopo aver rappresentato il PD in Consiglio comunale per un’intera consiliatura, come a Corigliano-Rossano. È un bell’ardire la presa di posizione dei Consiglieri regionali cosentini che si ergono ad interpreti delle regole senza che queste poi non valgono per tutti. È così che il Partito Democratico si trasforma in una formazione dove non che ognuno non debba liberamente esprimere la propria opinione, ma dove ognuno fa ciò che vuole.
Un partito dove le regole non valgono, dove si sale e si scende come da un taxi quando si vuole, non è una comunità. Essere democratici è un modo di essere, non un etichetta. Un partito dove le regole si applicano a convenienza è destinato a fallire: ad esempio, non è stato consentito al già Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio di rientrare nel PD per essersi candidato in una lista diversa da quella del PD e poi, di fatto, alle recenti elezioni amministrative è stata addirittura favorita la candidatura di qualche dirigente in una lista non del PD, senza che venisse messa in discussione la sua presenza nell’anagrafe di partito: le regole non possono valere per alcuni e non per altri. Sono certo che chi ha vissuto quell’esperienza regionale, essendone parte integrante, non potrà che condividere la mia posizione.
*Pino Capalbo, sindaco di Acri e consigliere provinciale