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Alessandro Chidichimo, raffinato autore originario di Cosenza, ha appena dato alle stampe il suo libro “Della morte non puoi parlare, o della gioia” per i tipi di Editions Dasein (con rilettura di Elena Giorgiana Mirabelli), con cui aveva già pubblicato “Tu, Toi”, nel 2021. Nell’opera la lingua diventa un combustibile emotivo, altamente infiammabile, acceso dal suono delle parole scelte per arrivare allo spirito, prima che alla mente. Come la parola chagrin (dolore) che nei versi dell’autore viene rigirata tra le dita, con curiosità autoptica, per osservarne le anatomiche sfaccettature alla luce del sole e capirne così la composizione e il senso, magari anche il fine («lo chagrin non è la tristezza che scompare. Questa forma intermedia tra dolore e tristezza, persiste. Non è una cosa che passa come il freddo che ti copri o il caldo che ti metti all’ombra o accendi l’aria condizionata»).
Il libro prende avvio da un evento luttuoso e la perdita ne è il motore, ma non la sola essenza. L’uso di una forma sintattica quasi “sinfonica” accompagna con efficacia l’ossessione dell’io narrante che si mescola all’amore, alla paura della morte e al tentativo di ricomposizione delle crepe, analizzando le diramazioni di una frattura per trovare una coerenza, una forma e una spiegazione al dispiacere rendendolo così sopportabile. «Quando scrivo, la mia attenzione va al suono in primo luogo – ha spiegato l’autore – che è l’unica cosa che mi interessa davvero, il contenuto è succedaneo». La memoria è centrale («L’odorato è la memoria più lunga che abbiamo») e le incursioni veloci tra il ricordo e il presente, rendono i concetti fulminei e persistenti. Continua a leggere su LaCNews24