di Alessandra Bruno

A cento anni dall’uccisione di Paolo Cappello (intervista in apertura di Salvatore Bruno), vittima della violenza fascista, ieri 20 settembre, presso la Fondazione Giacomo Mancini a Cosenza, si è tenuto l’incontro per ricordare la figura del militante socialista e per rievocare con profondi spunti di riflessione la marcia su Roma, l’inizio del regime fascista e l’omicidio di Giacomo Matteotti.

L’incontro è stato impreziosito dal reading “Quel garofano spezzato. Paolo Cappello, muratore antifascista (1890-1924)”, libro edito da Le Pecore Nere e scritto da Matteo Dalena,  storico e giornalista. Durante il reading, lo scrittore si è alternato alla voce di Maria Pina Iannuzzi, editrice; entrambi accompagnati dalle note del cantautore Daniele Moraca.

La morte di Paolo Cappello, avvenuta a Cosenza il 21 settembre del 1924, non fu chiarita  nemmeno dopo il crollo del regime fascista e il successivo avvento della democrazia: una provincia dell’Italia fascista e il delitto di un muratore socialista che scuote gli animi. Tre gradi di giudizio non furono sufficienti ad assicurare alla giustizia i responsabili. 

Ad oggi, l’omicidio di Paolo Cappello rimane ancora impunito. Matteo Dalena cerca di far luce sugli itinerari di vita di uno dei tanti “figli di ignoti”, allevato e cresciuto nel quartiere popolare della Massa. 

Apre l’incontro, Giacomo Mancini. «Il 21 settembre 1924, 100 anni fa, è stato assassinato Paolo Cappello, muratore, militante socialista, vittima di un agguato fatto da una squadra fascita. Benito Mussolini era stato incaricato dal re, così inizia l’avanzata del fascismo in tutte le sue negatività. Da nord a sud, il Paese è ferito da moti di violenza diffusi. A 100 anni dalla morte di Paolo Cappello, vogliamo onorarlo e ricordarlo con questo nostro incontro di oggi».

Al termine del reading, le testimonianze e le analisi di Saverio Carlo Greco, già presidente del consiglio comunale di Cosenza; Massimiliano Ianni, segretario generale della Cgil di Cosenza; Enzo Paolini, già presidente del consiglio comunale di Cosenza e Sandro Principe, già sindaco di Rende, parlamentare, sottosegretario di Stato, consigliere e assessore regionale.

«La Fondazione Mancini sta svolgendo un lavoro di richiamo e di semina in un’atmosfera di attenzione alla politica che era svanita. Dietro la figura di Cappello c’è il mondo di quartiere e di popolo che a Cosenza ha creduto nel socialismo. Una passione nel socialismo che al muratore socialista è costata la vita. Nel libro di Dalena viene raccontato come ha intrecciato le sue relazioni umane a partire dal suo quartiere, anche per la ricostruzione degli eventi che hanno preceduto la nascita della democrazia. Rappresentanza di un espressione politica forte, mai sopita, quello che accadde porta ad interrogarci su quanto, ancora oggi,  possa incombere il rischio di un nuovo fascismo» conclude il segretario generale della Cgil di Cosenza, Massimiliano Ianni.

«Non vi fu piccola lotta cosentina, economica o politica, che non lo rinvenne nella prima linea sempre pronto a sguainar l’anima dritta là dove la lotta per il pane e per l’Idea» descriveva già Pietro Mancini quando parlava di Paolo Cappello e del suo impegno politico.