Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Per avere uno smartphone bisognava sborsare settecento euro. Per un microcellulare, invece, ne bastavano duecentocinquanta. Non è il listino di una normale rivendita di telefonini, ma il prezziario della rivendita occulta allestita nel carcere di Catanzaro da Riccardo Gaglianese. È uno dei temi dell’inchiesta “Open gates” e per svilupparlo, la Procura si è avvalsa anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.
Si tratta di Francesco Greco, già manutengolo del boss Roberto Porcaro. Agli inquirenti ha riferito informazioni di prima mano da lui apprese proprio a Siano. Greco, infatti, finisce dietro le sbarre a seguito del suo arresto nell’ambito della maxioperazione “Reset” e, appena messo piede nell’istituto di pena, apprende che da lì, volendo, è possibile comunicare con l’esterno. Per farlo, sarebbe bastato rivolgersi a Gaglianese.
«L’ho appreso da un lavorante straniero e da alcuni detenuti napoletani» racconta il pentito ai magistrati il primo agosto del 2023. Era proprio il lavorante straniero a consegnare, di volta in volta, nelle mani dei clienti, il telefonino introdotto in carcere grazie al reticolo di complicità smascherate dall’inchiesta. «Per quanto concerne il pagamento, il detenuto poteva versare la somma richiesta su una postepay intestata a un familiare di Gaglianese o a qualcuno a lui riconducibile».
E non solo. Il pacchetto non prevedeva solo la vendita al dettaglio dei cellulari, ma anche un ulteriore servizio offerto ai clienti. Gaglianese, infatti, avrebbe messo a disposizione la propria “rete” per consentire a chi possedeva già un apparecchio di farselo recapitare in cella. «In quel caso – spiega Greco – il prezzo richiesto ammontava a quattrocento euro».