La Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Catanzaro in merito alla posizione cautelare di Cesare D’Elia, che, secondo la ricostruzione della Procura cristallizzata nell’imputazione, è imputato per essere partecipe del presunto clan “confederato” di Cosenza (operante anche a Rende e Roggiano Gravina) e per avere avuto, specificamente, un ruolo gestorio, a servizio dello stesso, nell’ambito dell’attività di narcotraffico, reato contestato al gruppo degli Abbruzzese “Banana”.

Dirimenti si sono rivelati gli elementi di novum offerti dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Cristian Cristiano e dalla dottoressa Martina Pellegrino del Foro di Cosenza, per scalfire il giudicato cautelare di D’Elia, oggi di nuovo in discussione, confermato dal Tribunale del Riesame prima del recente intervento della Cassazione. Dalle nuove dichiarazioni erano emersi, infatti, una serie di dati tali da determinare l’estraneità di D’Elia dal contesto criminale di riferimento.

Le dichiarazioni di Porcaro

Roberto Porcaro, in particolare, aveva dichiarato di «non conoscere» D’Elia, ma tale elemento era stato ritenuto neutro, poiché D’Elia sarebbe appartenuto a gruppo diverso da quello di Porcaro. Da qui lo specifico motivo di impugnazione finalizzato ad evidenziare come si stesse dimenticando la struttura criminale, ipotizzata per fondare il capo 1) della rubrica imputativa e cioè la sussistenza di una confederazione di ‘ndrangheta, caratterizzata dall’operare congiunto di più sottogruppi ma con una matrice comune.

Il pentito Franco Bruzzese

Ed ancora, nel corso dell’udienza celebrata nel corso del rito abbreviato condizionato, uno dei soli due  condizionati ammessi nell’ambito del procedimento Reset, era accaduto, altresì, che Franco Bruzzese, già collaboratore di giustizia, aveva smentito in modo tranciante di aver “battezzato” Cesare D’Elia, come sostenuto da altri collaboratori di giustizia, nonché di avergli attribuito incarichi all’interno del carcere proprio in ragione di tale affiliazione, «facendo franare il castello accusatorio almeno sino alla prossima udienza del Riesame», si legge in una nota, ora chiamato a pronunciarsi anche sul persistere delle esigenze, la cui mancanza era stata comunque eccepita anche in ragione delle ulteriori dichiarazioni di altro collaboratore, Ivan Barone, anche lui testimone di un non inserimento “all’attualità” di D’Elia nella presunta associazione. Alla luce di tali emergenze processuali la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di annullare l’ordinanza emessa dal Tribunale di Riesame, rinviando per un nuovo giudizio.