La Corte di Cassazione ha accolto in parte il ricorso di Mario Piromallo, figura già condannata per associazione mafiosa e recentemente coinvolta nel procedimento penale Reset, annullando con rinvio l’ordinanza cautelare del Tribunale di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta Recovery. La decisione riguarda due aspetti fondamentali sollevati dalla difesa: la contestazione a catena e la gravità indiziaria in merito al ruolo di Piromallo come promotore di un’associazione dedita al narcotraffico. Un’accusa formulata dalla Dda di Catanzaro.

I motivi del ricorso della difesa

L’avvocato Luca Acciardi, difensore di Piromallo, ha impugnato l’ordinanza contestando l’assenza di retrodatazione della misura cautelare. Secondo la difesa, i reati contestati nell’operazione Recovery avrebbero dovuto essere inclusi già nell’inchiesta Reset, in quanto collegati da un vincolo di continuazione. Piromallo, infatti, era stato arrestato nel 2022 con l’accusa di appartenere all’organizzazione Lanzino-Patitucci, confederata con il gruppo degli Zingari, operante nel territorio di Cosenza.

La difesa ha inoltre sollevato una questione di inutilizzabilità degli atti d’indagine, sostenendo che le iscrizioni e le proroghe delle indagini non sarebbero state effettuate correttamente, rendendo così invalide alcune prove a carico dell’imputato.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, riconoscendo l’esistenza di una connessione qualificata tra i reati contestati nelle due inchieste. Secondo i giudici, il Tribunale di Catanzaro non ha adeguatamente considerato il fatto che già nell’ordinanza cautelare relativa al procedimento Reset Piromallo veniva indicato come promotore e organizzatore dell’associazione mafiosa. Inoltre, la Cassazione ha rilevato che gli elementi probatori utilizzati nel processo Recovery erano in gran parte già desumibili prima del rinvio a giudizio per il procedimento Reset, e dunque rientravano nei criteri per l’applicazione della contestazione a catena. Da rivalutare pure la gravità indiziaria relativa al capo 1.

Al contrario, la Suprema Corte ha ritenuto infondata la censura relativa all’inutilizzabilità degli atti d’indagine, evidenziando come il termine delle indagini fosse ancora in corso e come la difesa non avesse specificato nel dettaglio quali atti sarebbero stati da ritenersi invalidi.

Le conseguenze della sentenza

Con questa decisione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha disposto il rinvio al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame. L’udienza si terrà oggi.