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Nel corso della requisitoria il pubblico ministero Vito Valerio, parlando al processo Reset dell’indagine sulla ‘ndrangheta cosentina e i suoi intrecci con la politica locale, ha messo in luce dinamiche inquietanti che legherebbero alcuni soggetti al mondo dell’illegalità. Tra questi emerge la figura di Agostino Briguori, un mediatore che secondo la Dda di Catanzaro, avrebbe operato per conto di Marcello Manna, ex sindaco di Rende, nel periodo della sua candidatura a sindaco nel 2019.
Processo Reset, da Manna a Manzo
Le intercettazioni, pur numericamente limitate, avrebbero rivelato importanti scambi di favori, con Manna che si sarebbe avvalso di queste interazioni personali per il proprio tornaconto politico. Briguori, secondo quanto emerso, avrebbe operato in favore di Manna, facendo pressioni per individuare un candidato da inserire nelle sue liste, mentre Antonio Manzo, altro soggetto chiave, si sarebbe occupato di garantire posti di lavoro nelle cooperative a ogni famiglia che si impegnava a votare per il candidato. Uno schema riproposto, secondo il pm Vito Valerio, dal gruppo D’Ambrosio alla politica locale, in cui la ‘ndrangheta, a dire degli investigatori, svolgerebbe un ruolo decisivo nel controllo delle elezioni.
Un altro aspetto inquietante riguarda il tentativo di estorsione da parte di vari soggetti ritenuti vicini al gruppo D’Ambrosio. Durante la requisitoria, il magistrato ha parlato della cimice installata nell’auto di Massimo D’Ambrosio. Rivelazione che sarebbe stata fatta da un carabiniere di San Marco Argentano. Inoltre, la Dda ha illustrato una vicenda legata a una presunta turbativa d’asta, dimostrando come il potere mafioso dei D’Ambrosio sia pervasivo e capace di influenzare e condizionare anche le attività economiche a Rende.
L’istruttoria dibattimentale dunque avrebbe rivelato non solo un sistema di alleanze tra la criminalità organizzata e la politica locale, ma anche la determinazione dei gruppi mafiosi a gestire il territorio evidenziando la forza del gruppo D’Ambrosio che avrebbe più volte deciso di imporre il suo “governo mafioso“.
Il capitolo narcotraffico
La requisitoria ha inoltre sottolineato come, secondo le intercettazioni, Luigi Abbruzzese, esponente del gruppo “Banana“, avesse interazioni frequenti con i suoi luogotenenti, confermando così l’esistenza di una struttura associativa autonoma. In una conversazione significativa, si evince come i membri del gruppo “Banana” si rifiutino di interagire con altri soggetti, come Gennaro Presta, mettendo in luce le dinamiche interne tra i vari clan operanti a Cosenza.
Relativamente al narcotraffico, il pm Valerio ha annunciato che invocherà una sentenza assolutoria nei confronti di Francesca Tiralongo e Fabrizio Fuoco, difesi rispettivamente dagli avvocati Giuseppe De Marco e Cristian Cristiano.
Le posizioni del giorno prima
Nell’udienza di ieri, invece, il pm Corrado Cubellotti aveva messo sul tavolo dei giudici altri elementi probatori, sempre correlati al gruppo D’Ambrosio, come la vicenda giudiziaria che riguarda l’imprenditore rendese Remo Florio. Nell’intervento durato quasi dieci ore, c’è stato spazio anche per un ritorno sulla storia del Settimo Cafè e le posizioni di Giuseppe Perrone e Giuseppe Broccolo, i quali rispondono di vari reati tra cui la contestazione di associazione mafiosa. Il magistrato campano ha fatto intendere che chiederà la condanna di tutti gli imputati citati nella sua requisitoria.