Il 12 luglio scorso, nel processo “Testa di Serpente“, è stata discussa la posizione di Francesco Casella, imputato sia nel procedimento penale venuto alla luce nel dicembre del 2019 che in “Reset“, la maxi indagine della Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta cosentina. Gli avvocati Vincenzo Guglielmo Belvedere e Fabio Belcastro, trattando la presunta estorsione ai danni di un venditore ambulante, Antonio Russo, avevano richiamato le dichiarazioni rese dal pentito Roberto Porcaro, sia nella vicenda imputativa di “Testa di Serpente“, che nel profilo tratteggiato dall’ex “reggente” del clan degli italiani di Cosenza, nel filone investigativo emerso il 1 settembre 2022.

I due legali infatti non hanno negato che Porcaro e Casella si conoscono, spiegando anche le ragioni e i contesti. In realtà, quando si dice che «la famiglia di Porcaro è nota a tutti», si fa riferimento al fatto che i genitori del pentito sono professionisti stimati a Cosenza. Nel caso del padre parliamo di un valoroso pompiere, nel caso della mamma invece di una stimata parrucchiera, in servizio da oltre 30 anni. Quindi, l’iniziale conoscenza di Porcaro e Casella è da circoscrivere fuori dalla criminalità organizzata.

Il pentito, parlando degli imputati di “Reset“, su Casella ha detto di conoscerlo «da quando ero bambino e lo ricordo amico di Mario Gatto ed Ettore Lanzino, ma per quanto a mia conoscenza non coinvolto nelle dinamiche associative. Ha sempre avuto il ferrovecchio a via Popilia con Umile Lanzino (cugino diretto di Ettore Lanzino), e in passato aveva formalizzato l’assunzione di Mario Gatto. Con riferimento al suo collegamento al gruppo degli zingari posso dire che si è trovato come intermediario esclusivamente nella vicenda del terreno di Torino Russo».