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La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla difesa di Roberto Porcaro, indagato per concorso nell’omicidio di Giuseppe Ruffolo, avvenuto nel settembre del 2011 a Cosenza, e ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Catanzaro aveva confermato la misura cautelare nei suoi confronti. Il caso, riaperto dopo le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, ruota attorno alla ricostruzione dell’agguato e al presunto coinvolgimento del clan Lanzino-Patitucci.
Secondo la ricostruzione accusatoria della Dda di Catanzaro, Porcaro avrebbe avuto un ruolo organizzativo nell’omicidio, eseguito materialmente da Massimiliano D’Elia con l’appoggio di Antonio Illuminato. Il movente sarebbe da ricondurre all’attività usuraria di Ruffolo, condotta – sostengono i pubblici ministeri Vito Valerio e Corrado Cubellotti – senza l’autorizzazione dei vertici del clan e senza il versamento di una quota degli introiti.
Il Riesame di Catanzari aveva giudicato utilizzabili, a fini cautelari, le dichiarazioni di alcuni collaboratori acquisite in procedimenti diversi, come “Reset“, nonostante la difesa avesse eccepito la scadenza dei termini delle indagini preliminari nel fascicolo principale. Ma per la Cassazione, la motivazione fornita dal Tribunale è «generica» e non dimostra in modo adeguato la reale autonomia tra i diversi procedimenti.
Richiamando il principio consolidato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 8/2000), la Suprema Corte ha ricordato che gli atti acquisiti dopo la scadenza dei termini sono utilizzabili solo se provengono da altri procedimenti relativi a reati «oggettivamente e soggettivamente diversi», e non devono essere il frutto di indagini mirate ad approfondire fatti già emersi nel procedimento principale.
Nel provvedimento impugnato – evidenzia la Cassazione – «non si comprende quali siano i fatti oggetto del procedimento “Reset” né degli altri procedimenti richiamati, né se tali procedimenti siano effettivamente distinti, sul piano oggettivo e soggettivo, da quello a carico di Porcaro». Inoltre, «la pretesa diversità è affermata in termini assertivi» e manca del tutto «una valutazione specifica sull’interconnessione tra i procedimenti».
Di qui l’annullamento con rinvio al Tribunale del riesame di Catanzaro, che dovrà ora riesaminare la questione sulla base dei principi indicati dalla Corte, chiarendo «il contesto processuale nel quale sono state acquisite le dichiarazioni dei collaboratori» e verificando la loro effettiva utilizzabilità. Nessun accesso alla gravità indiziaria. Roberto Porcaro in questo procedimento è difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Mario Scarpelli.