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Da Catanzaro a Cosenza. Questa volta, però, non c’entrano le questioni calcistiche ma le dinamiche criminali della città dei bruzi che sono convogliate nell’inchiesta della Dda di Catanzaro sul presunto narcotraffico nel carcere di Catanzaro. Come abbiamo riferito in un altro servizio, ci sono diversi collegamenti (diretti e indiretti) tra le inchieste “Reset” e “Open Gates“, che portano a ritenere come la ‘ndrangheta cosentina, nonostante i numerosi arresti nell’operazione scattata il 1 settembre 2022, abbia comunque mantenuto viva la sua “vocazione” delittuosa.
Ciò emerge dalle carte dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro che, sulla scorta degli elementi investigativi presi qua e là, hanno dato un’interpretazione diversa delle condotte contestate agli indagati che, secondo il pubblico ministero Veronica Calcagno, avrebbero favorito l’introduzione nel carcere di Catanzaro di droga e cellulari.
Si rileva in tal senso l’affermazione dei militari dell’Arma che, in decine di passaggi contenuti nella documentazione sottoposta dalla Dda di Catanzaro al gip distrettuale, ritengono che a Cosenza esista il «clan Porcaro», diretto e capeggiato dall’ex “reggente” della cosca “Lanzino-Patitucci“. Nella ricostruzione che fanno gli investigatori e gli inquirenti si richiamano le condotte, ad esempio, di Giada Pino, compagna di Riccardo Gaglianese, la quale avrebbe avuto il compito di procurare telefoni e schede telefoniche da introdurre nella casa circondariale di Catanzaro. Inoltre, i carabinieri hanno evidenziato che «dopo gli arresti» di “Reset” si sarebbe messa a disposizione «degli esponenti del clan Porcaro arrestati, in particolare di Silvia Guido, esponente di vertice del clan “Porcaro-confederazione Ndr“».
I carabinieri di Catanzaro, tuttavia, vanno oltre e inquadrano nel contesto criminale riconducibile a Porcaro, Immacolata Erra che secondo il teorema accusatorio sarebbe vicina alla «famiglia Caputo, facente parte del clan “Porcaro“. Si parla nello specifico di “zio Giuseppe” che sarebbe da identificarsi in Giuseppe Caputo, «cugino di Francesco Greco, uomo di fiducia di Roberto Porcaro, capo dell’omonimo clan». Greco, com’è noto, è diventato collaboratore di giustizia e la contestazione a Porcaro in qualità di “capo” viene fatta a Reset nell’ambito del presunto “sotto gruppo” confederato con altri sodalizi mafiosi, tutti coordinati, secondo la Dda di Catanzaro, dal boss di Cosenza Francesco Patitucci, che ieri mattina ha subito la condanna all’ergastolo anche in appello per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti.
Con Immacolata Erra ci sarebbe anche una corrispondenza epistolare in carcere, nella fase in cui Porcaro era detenuto a Voghera.
Tornando sempre all’indagata Giada Pino, posta ai domiciliari dal gip di Catanzaro il giorno stesso dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare visto lo stato avanzato della gravidanza, ma inizialmente associata in carcere, la Dda di Catanzaro, nella parte “investigata” dai carabinieri di Catanzaro, sostiene che la stessa abbia un legame “criminale” con Silvia Guido e la sua presunta «contiguità al clan Porcaro» emergerebbe dal contenuto di una conversazione registrata il 16 settembre 2022 con un’altra donna, alla quale avrebbe spiegato di aver accompagnato i tre figli e il padre di Silvia Guido, presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Infine, la figura di Bruno Bartolomeo che avrebbe detto di essere a conoscenza delle dinamiche criminali della ‘ndrangheta cosentina in riferimento ai presunti dissapori tra Patitucci e altri membri del suo clan.