I rapporti di polizia li liquidano come «oziosi vagabondi», amici e i sodali – e anche i nemici – li chiamano più semplicemente «quelli del mare».  Sono i gangster della costa tirrenica e hanno un ruolo determinante nella guerra di mafia che, negli anni Ottanta, insanguina la provincia di Cosenza.

Sono gli anni in cui la cosca Serpa, con roccaforte a Paola, è alleata con gli uomini del clan Perna-Pranno, molti dei quali villeggiano a Fuscaldo nei periodi estivi. L’arcinemico Franco Pino, invece, ha in San Lucido un centro d’importanza strategica. Nel regno di Nelso Basile, infatti, si trasferisce buona parte del suo esercito durante il periodo più caldo del conflitto, quando circolare in città è per loro troppo rischioso.

Paola ha un asse naturale con Amantea, a quei tempi gestita da Ciccio Africano. San Lucido, invece, guarda a nord: verso la Cetraro di Franco Muto e poi più in su, fino a Napoli. Non a caso, è proprio Basile il primo a portare la camorra in provincia di Cosenza. Uomo di larghissime vedute criminali, nome da predestinato, sta per diventare un boss di primo livello quando l’invidia e il timore dei suoi ex alleati suggerisce loro di eliminarlo nel 1983 per rimpiazzarlo con Romeo Calvano.

Due anni prima, a dicembre, è toccato anche ad Africano, ucciso insieme a due persone che in quel momento si trovano con lui: nel posto sbagliato al momento sbagliato. È il triplice omicidio di via Dogana e quel giorno, per un soffio, non ci rimettono la pelle anche Giuseppe Vitelli e Angelo Santolla. Vanno nella pescheria di Africano a prendere il pesce per il cenone della vigilia di Natale e ripartono pochi istanti prima dell’arrivo dei killer. Assistono alla strage dallo specchietto retrovisore.

È quella la risposta armata all’agguato in cui, pochi mesi prima, muore Giovanni Drago. È il cognato di Franco Pino, lui vero bersaglio dell’attentato. Una sera d’estate è a San Lucido, in un nascondiglio sicuro, ma freme per rientrare a Cosenza dove ha appuntamento con una ragazza. Appena scende di sotto, trova i sicari appostati in attesa di Franco Pino.  E si prende le pallottole al posto suo.

Sul Tirreno insanguinato, in quegli anni, c’è posto anche per vendette reggine come quella in cui perde la vita Giuseppe Geria. È un uomo d’onore in fuga dallo Stretto che, per un po’, si illude di trovare a Scalea il posto ideale per sopravvivere. Gli assassini partono da Cosenza, su mandato di Pino, e lo raggiungono ad agosto, sempre dell’83. Per ricambiare il favore, il clan nemico di Geria avrebbe dovuto eliminare Franco Perna, a quei tempi detenuto a Reggio Calabria. L’affare però non si concretizzerà.