L’ordinanza con la quale la Corte d’Assise di Cosenza ha fatto retrocedere il procedimento penale contro Tiziana Mirabelli, rea confessa dell’omicidio di Rocco Gioffrè, ucciso il 14 febbraio 2023 in via Monte Grappa a Cosenza, è pesante dal punto di vista tecnico perché mette in evidenza un errore procedurale della pubblica accusa rispetto alla richiesta di giudizio immediato avanzata al gip. Il fascicolo, in buona sostanza, torna nelle mani del sostituto procuratore Marialuigia D’Andrea. E il presidente Paola Lucente, insieme agli altri componenti della Corte, spiega le ragioni di tale provvedimento.

«L’odierna imputata», Tiziana Mirabelli «si trova in stato di custodia cautelare in carcere limitatamente al capo 1», ovvero alla contestazione di omicidio semplice, «come emerge dall’ordinanza del gip di applicazione della misura cautelare e dall’ordinanza del tribunale del Riesame» scrivono i giudici della Corte d’Assise.

«Non c’è dubbio che, benché non vi sia stata una tardiva ostensione degli atti d’indagine», che era la seconda questione preliminare prospettata dall’avvocato Cristian Cristiano, «tuttavia gli interrogatori dell’imputata, resi rispettivamente il 21 febbraio 2023 e 20 giugno 2023, non hanno avuto ad oggetto tutti i fatti di reato oggi in contestazione».

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«Emerge evidente, che gli inviti a comparire e gli stessi interrogatori abbiano avuto luogo con riferimento alla primigenia imputazione di cui all’art. 575 cp e le domande poste alla Mirabelli hanno esplorato solo tale ambito probatorio», che peraltro, aggiungono i giudici, «la contestazione sub B) è teleologicamente connessa alla fattispecie omicidiaria, connotandola sia sotto il profilo del movente, sia con riferimento al nesso teleologico e alle aggravanti contestate». Sul punto infatti esiste una giurisprudenza consolidata «che l’interrogatorio di cui all’art. 453 cp, per dirsi espletato, deve riguardare tutti i fatti di reato addebitati all’imputato e non solo una parte di essi, e ove i fatti storici, siano diversi, a prescindere dal loro inquadramento giuridico, su tutti deve essere espletato l’interrogatorio».

La Corte d’Assise evidenzia anche che «il sacrificio dell’assenza dell’udienza preliminare ha come logico contrapposto, nell’interesse dell’imputato, che accede direttamente al dibattimento, il diritto al previo, completo interrogatorio, funzionale, sia alla verifica dell’evidenza della prova, sia al completo dispiegarsi del diritto di difesa» e «solo la contestazione compiuta in forma esaustiva dell’accusa consente all’interessato di interloquire in maniera significativa sui fatti oggetto del giudizio».

I giudici pertanto sostengono che «l’imputata non è stata posta in condizione difendersi su tutti i fatti per cui è chiamata a giudizio» e inoltre «benché una volta disposto il giudizio immediato, il giudice del dibattimento» non può «sindacare» sulla «sussistenza delle condizioni necessarie alla sua adozione, residua, tuttavia, in capo allo stesso un potere di controllo dopo l’ammissione del rito immediato, proprio in ordine all’espletamento del previo interrogatorio dell’indagato, che costituisce l’emblema dell’esercizio del diritto di difesa».

Per questi motivi, «la Corte non può che dichiarare la nullità parziale della richiesta e del conseguente decreto di giudizio immediato, relativamente alla fattispecie di cui ai capi B) e C) della rubrica, vertendosi nell’ipotesi della nullità a regime intermedio, tempestivamente eccepita, per violazione dell’art. 178, lett. C, del c.p.p.». Dunque, la procura di Cosenza ora nel nuovo 415 bis (avviso delle conclusioni delle indagini preliminari) formulerà i nuovi capi d’imputazione all’imputata. Poi toccherà alla difesa, già pronta a ribaltare con nuove attività le contestate aggravanti.