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Non si può che parlare di droga e estorsioni nel mondo criminale di Cosenza, visti i tanti interessi illeciti della ‘ndrangheta locale in tutte le sue sfaccettature. Le recenti inchieste della Dda di Catanzaro hanno toccato temi investigativi di carattere associativo, dando valore (nella fase iniziale delle indagini preliminari) a quello che avevano detto in vari momenti i collaboratori di giustizia.
Lo abbiamo detto e ridetto tante volte che i pentiti cosentini già nell’inchiesta “Overture” avevano aperto gli occhi agli investigatori, riferendo sul cosiddetto “Sistema“, ovvero l’impossibilità per i gruppi presenti sul territorio di spacciare per conto loro senza avere il permesso del nucleo centrale. Il “sottobanco”, com’è noto, non è contemplato. Ma il “Sistema” da chi è composto? Secondo il collaboratore di giustizia, Giuseppe Zaffonte, ex presunto appartenente al sodalizio diretto da Michele Di Puppo, tutti i clan (o presunti tali) di Cosenza e Rende avrebbero stipulato questo patto criminale che riguarda lo spaccio di sostanze stupefacente.
Il tema è stato in realtà già inserito nel processo ordinario di “Reset“, allorquando l’ufficiale di polizia giudiziaria Marco Bilotta, rispondendo al pubblico ministero Vito Valerio, aveva parlato di contatti tra gli “zingari” e alcuni italiani, come Salvatore Ariello, Mario “Renato” Piromallo e Antonio Illuminato. Tre soggetti che farebbero parte della cosca “Lanzino-Patitucci“. Ma non ci sarebbero soltanto loro. I nomi su cui riferisce Zaffonte sono tanti e riguardano anche persone non imputate in “Reset“, ma coinvolte in altri processi in corso, in via di definizione a Cosenza.
Sul punto, i carabinieri di Catanzaro, richiamando i passaggi nelle carte dell’inchiesta che interessano gli indagati implicati nell’indagine sul presunto narcotraffico nel carcere di Catanzaro, ritengono che il pentito, relativamente al mondo della droga, sia riuscito a fare una «fotografia nitida di nomi, mansioni svolte, collegamenti, personalità criminali» che il pentito ha offerto alla Dda di Catanzaro «unitamente anche alla presa d’atto delle crepe che ben presto si aprono nel nuovo assetto delinquenziale e che, come già testimoniato da Celestino Abbruzzese, denotano il dinamismo e la fluidità del “Sistema“».
Il “Sistema” avrebbe autorizzato diversi “sotto gruppi” a spacciare droga nel circondario di Cosenza, come ad esempio, «Mario “Renato” Piromallo, Roberto Porcaro» o come ancora «il gruppo dei Banana con quelli che sono rimasti del gruppo Rango-zingari», oppure «Antonio Abruzzese, detto “Strusciatappine”», e ancora, «i componenti del clan Di Puppo», e in merito a ciò fa i nomi di «Marco D’Alessandro» e di un altro soggetto non presente in nessuna delle ultime operazioni di polizia giudiziaria. Zaffonte, inoltre, svela (a suo dire) un retroscena: «Io e Marco D’Alessandro, poiché muovevamo tanta droga, guadagnando poco, avevamo proposto a Michele Di Puppo di muoverci da soli, fuori dal “Sistema“, dando una parte a quelli di Rende, ma Di Puppo non ce lo fece fare…». Secondo il pentito, infine, nel “Sistema” ci sarebbero soggetti della Valle del Savuto e di un altro quartiere popolare di Cosenza.