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Con i calcoli effettuati sulle funi che dovrebbero reggere il Ponte sullo Stretto «si potrebbe progettare un pollaio o lo stendino di casa nostra». Certo non le strutture portanti di una mega opera sottoposta a sollecitazioni enormi e che dovrebbe avere quella che il professore Antonino Risitano definisce «vita infinita», non certo limitata a qualche decennio.
L’ingegnere, che è stato docente del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Catania e anche preside della facoltà non si iscrive alla folta schiera dei No Ponte: «Io non sono contrario, sono a favore del Ponte a patto che sia sicuro, e una struttura a una campata non lo è, non è fattibile».
Risitano lo spiega in convegni, incontri pubblici e anche sui suoi canali social: «Ho chiesto tante volte di confrontarmi con i progettisti e finora non me lo hanno consentito. Ma nessuno contesta ciò che dico». La metafora del pollaio serve a dire che i calcoli contenuti nel progetto definitivo di Webuild, per il tecnico, non sono sufficienti: sono parametri al ribasso per un’opera che invece dovrebbe garantire livelli di sicurezza altissimi. Tanto per capirci, non si può permettere «nel corso della vita del Ponte vi siano danni anche a un singolo bullone».