Le dichiarazioni spontanee rese in aula da Gianfranco Bruni fanno tornare all’attualità della cronaca un esponente di primo piano della malavita cosentina, già fra i protagonisti della prima guerra di mafia combattuta in città negli anni Ottanta. Noto con il soprannome di “Tupinaro”, Bruni sconta due ergastoli per altrettanti omicidi avvenuti proprio in quel decennio. Del duplice delitto, processo conclusosi di recente, si sa già tutto. Meno noto, invece, è l’altro episodio che dal 2011 lo trattiene in cella con la prospettiva di non uscirne mai più. Si tratta dell’uccisione di Diego Costabile detto “U farmacista”, trucidato a colpi di pistola il 2 maggio del 1983. Il caso era contemplato nel lungo e luttuoso elenco di “Missing”, il maxiprocesso alla vecchia mafia cosentina. Ecco come andarono i fatti per come ricostruito prima dalla Dda e poi da tre sentenze.

In via Volta c’è una Fiat 126

C’è un Fiat 126 rossa parcheggiata in via Volta, proprio davanti all’ingresso di una farmacia. Il suo proprietario è nel retrobottega, poiché ci lavora da magazziniere. Si chiama Diego Costabile, ha 25 anni e abita poco distante da lì, a contrada Lecco. E’ un ragazzo sorridente e scherzoso che balbetta quando si emoziona. E’ uno che nelle sue cose mette tanto impegno. Svolge anche una seconda attività. Insieme ad un amico, Diego è proprietario di alcuni amplificatori che noleggia durante gli sposalizi, le feste rionali o le gare fra complessi. E’ il 1983 e le band musicali le chiamano ancora così. Sono da poco passate le 19 del 2 maggio, a Rende, e una Vespa con in sella due ragazzi, passa e spassa davanti il negozio. Aspettano che Diego esca e, nell’attesa, ingannano così il tempo.

L’amicizia con Pasquale Pranno

Lo aspettano perché devono parlare con lui di una cosa importante. Infatti, quel ragazzo sorridente che tutti conoscono come «u farmacista», è intimo di Pasquale Pranno e va regolarmente a trovarlo in carcere. Lo ossequia con piccolo doni: qualche maglietta, dei pantaloni, tutta roba di qualità. «Compà Pasquà, un omaggio per la signora», gli dice Diego, mentre l’amico lo saluta dalla finestra di una cella. Diego non è un affiliato, ma qualcuno nella cosca Pino-Sena è convinto che faccia da “specchietto”, che spii i movimenti della loro gente per poi andare a riferire tutto ai nemici. E non solo. Dato che bazzica sempre le zone di Roges e Commenda, c’è chi lo considera addirittura «una spina nel fianco».

Uomo nel mirino

E’ l’altra faccia della luna di Diego Costabile, ma lui neanche immagina di averne una. E così, non ha timori né preoccupazioni quando, prima delle 20, esce dalla farmacia presso cui lavora e monta in auto. I ragazzi che gironzolano in Vespa lo mancano per poco, ché lui è già ripartito e non c’è più tempo per bloccarlo. Quei due fanno parte di un gruppo criminale fedele a Franco Pino e, per come la vedono loro, u farmacista è uno al servizio dell’altra cosca o quantomeno un amico, un fiancheggiatore. A Cosenza, in quei giorni, si può morire anche per molto meno.

Via Cimarosa

Loro, però, non vogliono ucciderlo. Non subito almeno. Pensano di portarlo in un posto tranquillo per strappargli delle informazioni. Forse hanno in mente di pianificare un attentato contro Pasquale Pranno o suo fratello Mario e quel ragazzo che conosce bene entrambi può risultare molto utile. Nel frattempo, la 126 rossa ha già percorso un bel pezzo di strada, senza accorgersi di chi le sta dietro. Si è da poco immessa sulla Ss 107 quando, in via Cimarosa, la moto le si affianca e, alla prima piazzola di sosta, Diego ferma la macchina e scende.

Il delitto

Sa chi sono i suoi interlocutori, perché u farmacista è uno che conosce tutti e saluta tutti. Uno di loro gli va incontro e gli dice di seguirlo perché devono parlare. Diego chiede spiegazioni, si agita, forse comincia a balbettare. Quell’altro cerca di tranquillizzarlo, ribadisce che c’è da fare solo quattro chiacchiere e che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Ma Diego non vuole sentire ragioni. Forse ha fiutato il pericolo imminente, fatto sta che non ha alcuna intenzione di unirsi alla compagnia. E difatti si gira e fa per rientrare nell’abitacolo dell’automobile che aveva lasciato con i fari accesi e la chiave inserita nel quadro. Sta per aprire lo sportello, ma ormai non gli rimane più tempo: gli piazzano tre proiettili in testa e poi filano via a tutta birra.

Il processo

Gianfranco Bruni, autore materiale, e Pierluigi Berardi alla guida del Vespone, saranno condannati per quell’omicidio. Determinante, ai fini del verdetto, sarà proprio il pentimento di Berardi, sopraggiunto a processo in corso. Una ricostruzione ammantata da ombre, tant’è che, in aula, i difensori di Bruni mettono in evidenza le numerose contraddizioni emerse dal racconto del pentito, specie se messe a confronto con le versioni rese dagli altri collaboratori. Parole al vento. I giudici, infatti, li condannano entrambi: trattamento di favore per Berardi (14 anni); per Bruni, invece, nessuno sconto.

Epilogo

Sono le 20.25 del 2 maggio 1983 quando arriva la segnalazione in Questura. Si parla di «un incendio o forse un incidente nei pressi di Villaggio Europa». Invece si tratta di Diego Costabile, 25 anni magazziniere, steso in terra e con la testa poggiata su una guancia, circondato dal suo sangue. Respira ancora, ma per poco. In ospedale arriverà già cadavere. Di lui dissero tutto, tranne la verità: che pagò con la vita un’amicizia sbagliata.