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Il tribunale del Riesame di Catanzaro si è pronunciato sui ricorsi presentati da quattro indagati cosentini coinvolti nell’inchiesta “Open Gates” sulla droga e i cellulari introdotti nel carcere di Catanzaro. Le posizioni valutate dai giudici cautelari sono quelle di Bruno Bartolomeo, Gino Garofalo, Giada Pino e Angelo Pino.
In particolare, la Dda di Catanzaro ritiene che Bruno Bartolomeo sia il capo promotore di entrambe le presunte associazione a delinquere, sia quella dedita al narcotraffico che quella finalizzata all’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Secondo la pubblica accusa, Bartolomeo, nel periodo in cui era sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, avrebbe procurato la sostanza stupefacente da introdurre all’interno della casa circondariale di Catanzaro, «acquistandola da Domenico Cicero», mentre per l’acquisto e l’introduzione di dispositivi telefonici e relative sim card (nonché della sostanza stupefacente) si sarebbe avvalso della collaborazione di Immacolata Erra e Franco Tormento.
Giada Pino, che il gip inizialmente aveva spedito in carcere, sostituendo la misura il giorno dell’esecuzione dell’ordinanza, visto lo stato avanzato della gravidanza, avrebbe procuratore telefoni e schede telefoniche da introdurre al “Caridi” di Catanzaro e si sarebbe attivata per fare ricariche sui telefoni «indebitamente utilizzati dai detenuti», tenendo (a dire della pubblica accusa) «la contabilità dei ricavi rinvenienti dal commercio illecito e di custodire il denaro contante derivante dalle attività illecite – nei luoghi dalla stessa decisi» e inoltre «di distribuire i proventi derivanti dall’illecita cessione dei dispositivi telefonici, delle schede telefoniche e della sostanza stupefacente, nonché di recapitare messaggi all’esterno da parte del compagno Riccardo Gaglianese».
Nel caso di Gino Garofalo, l’accusa sostiene che prima della detenzione abbia provveduto «all’acquisto della sostanza stupefacente da introdurre presso la casa circondariale di Catanzaro e al suo confezionamento, seguendo le indicazioni di Bruno Bartolomeo». Dopo l’arresto di “Reset“, Gino Garofalo, detenuto nella casa circondariale di Catanzaro, avrebbe mantenuto «costantemente i rapporti con gli altri sodali, che più volte si recavano nei pressi del predetto istituto penitenziario per farsi vedere dallo stesso».
Infine, la posizione di Angelo Pino, padre di Giada, che secondo la Dda di Catanzaro avrebbe assunto il ruolo di partecipe di entrambe le sospette associazione a delinquere, avendo il compito «di introdurre i dispositivi telefonici, le sim card, le schede telefoniche fittiziamente intestate a terzi, nonché la sostanza stupefacente, all’interno della casa circondariale di Catanzaro».
Il Riesame ha dunque confermato la misura cautelare della custodia in carcere per Bruno Bartolomeo, Gino Garofalo e Giada Pino (ma oggi agli arresti domiciliari per i motivi sopra illustrati), mentre Angelo Pino rimane ai domiciliari. La difesa è rappresentata dall’avvocato Antonio Quintieri.