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Roberto Porcaro deve essere considerato uomo «socialmente pericoloso». È quanto sostiene la Corte d’appello di Catanzaro che, nelle scorse ore, ha confermato lo status di sorvegliato speciale al presunto boss, già meteora del pentitismo cosentino. L’applicazione della misura prevede una durata di quattro anni con obbligo di dimora a Cosenza, ma per il diretto interessato, questo è l’ultimo problema considerato che dal 2019 è ristretto in carcere per le diverse indagini antimafia che lo riguardano.
A tal proposito, la singolarità del provvedimento firmato dal giudice Battaglia è che, oltre alle cattive frequentazioni, l’inchiesta citata a riprova della «pericolosità» di Porcaro è quella per l’omicidio di Luca Bruni, vicenda che dopo aver segnato in prima battuta il suo coinvolgimento, lo ha visto uscire poi assolto in tutti i gradi di giudizio. Poco importa ad avviso della Corte poiché da quel processo, in particolare dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, emergono «indizi univoci della sua appartenenza a un’associazione di stampo mafioso».
Si è trattato di una conferma della misura cautelare. Il suo nuovo difensore, l’avvocato Mario Scarpelli, valuta ora se presentare ricorso in Cassazione. Dal canto suo, invece, Porcaro è ormai prossimo ad affrontare un crocevia giudiziario per lui importantissimo. Il 21 dicembre, infatti, è attesa la requisitoria con cui la Dda chiederà la sua condanna e quella degli altri imputati del maxiprocesso “Reset” che hanno scelto il rito abbreviato. A gennaio, invece, affronterà il processo d’appello “Krypto” a Reggio Calabria che in primo grado si è concluso con la sua condanna a vent’anni di carcere per narcotraffico.