Soldi provenienti dalla “bacinella” della cosca o patrimonio personale del boss? È l’interrogativo ancora aperto all’indomani del ritrovamento di ben quattrocentomila euro in casa di un cognato di Roberto Porcaro, uno dei presunti boss di Cosenza attualmente detenuto nell’ambito dell’inchiesta “Reset”.

Proprio sulla natura di quel denaro sporco e sulla sua provenienza, s’interrogano ora gli investigatori nel tentativo di dare un senso logico al sequestro effettuato ieri in zona stadio. I carabinieri sono piombati nell’abitazione incriminata alla ricerca di armi o droga, almeno ufficialmente, ma invece di esplosivi e stupefacenti hanno messo le mani su quel piccolo tesoro, custodito in un trolley e suddiviso in mazzette da diecimila euro ciascuna.

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Nella fine sta anche il principio: a chi apparteneva quel capitale? E perché si trovava nella casa popolare in uso a un pizzaiolo disoccupato?

Pochi dubbi sul fatto che quest’ultimo fosse un mero custode di quel denaro. L’uomo, infatti, non ha saputo dare una spiegazione valida sul perché quella valigia scottante si trovasse nella sua camera da letto, tant’è che i carabinieri hanno provveduto a denunciarlo con l’accusa di riciclaggio.    

Malgrado sia completamente incensurato, non è la prima volta che gli investigatori sentono parlare di lui. Il suo nome, infatti, era rimbalzato anche in un’intercettazione di qualche anno fa, poi confluita nell’inchiesta “Testa del serpente”. A tirarlo in ballo era stato proprio Porcaro, confermando di fatto la sua l’estraneità dai circuiti criminali cosentini.

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In quel periodo, infatti, suo cognato ha intenzione di aprire una pizzeria e Porcaro vorrebbe finanziare quel progetto imprenditoriale. Il giovane, però, ha già un socio e, soprattutto, intende avviare un’attività pulita e senza l’ombra del suo ingombrante familiare. Quest’ultimo, però, non la prende affatto bene.

In un’intercettazione ambientale, il boss commenta con rabbia quel pronunciamento e poi comunica ai presenti la sua decisione irrevocabile: visto che il suo congiunto non vuole avere a che fare con lui, allora pagherà il pizzo come tutti quanti. «Perché bisogna fare le cose giuste» aggiunge, svelando quello che è il suo personalissimo metro di giustizia.

Anche il pizzaiolo, che per un periodo di tempo se ne andrà a lavorare all’estero, non era dunque nelle grazie di Porcaro. Pochi anni dopo, il carico di banconote trovato in casa sua rimescola le carte sul tavolo di una vicenda già intricatissima di suo.

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Non a caso, per un certo periodo di tempo, tutti i riflettori della cronaca si sono concentrati su Porcaro in virtù della sua decisione di collaborare con la giustizia, una svolta da lui stesso sconfessata nel giro di pochi mesi. Dopo qualche settimana turbolenta, con tante incertezze legate alla sua collocazione carceraria, la situazione si è normalizzata, tant’è che all’ultima udienza di “Reset”, il presunto boss ha partecipato in videocollegamento fianco a fianco con altri imputati-detenuti.

Nel frattempo, le ragioni del suo finto pentimento restano a tutt’oggi misteriose. Proprio come un trolley dorato nella camera da letto di un pizzaiolo.