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È stato dichiarato infondato l’appello presentato dalla difesa di Antonio Marotta, alias “Capiceddra”, imputato nel processo “Testa di Serpente“. La Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la condanna a nove anni e sei mesi di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso, riconoscendo come pienamente fondate le motivazioni del tribunale collegiale di Cosenza.
L’incontro allo “zampillo” in via degli Stadi
Secondo i giudici di secondo grado, l’imputato Antonio Marotta avrebbe avuto un ruolo diretto e attivo nella vicenda estorsiva ai danni di un uomo che contendeva un terreno in via Romualdo Montagna a Cosenza. È emerso, infatti, che il 16 marzo 2019 avrebbe minacciato la parte offesa, partecipato all’incontro del giorno successivo presso lo “zampillo” in via degli Stadi, e, nei giorni successivi, si sarebbe recato presso la bancarella della vittima in compagnia di un altro soggetto non identificato. Il 21 marzo 2019, infine, avrebbe preso parte al pestaggio ai danni dello stesso uomo.
Persona offesa credibile su Antonio Marotta
La Corte d’Appello di Catanzaro ha dichiarato pienamente condivisibile la ricostruzione offerta in primo grado, affermando che le risultanze processuali sono state legittimamente acquisite e correttamente valutate. Le contestazioni sull’attendibilità della persona offesa sono state respinte: la testimonianza della vittima, pur non esente da parziali imprecisioni, è stata giudicata credibile, prudente e priva di elementi che facciano pensare a intenti calunniatori. Per il giudice relatore di secondo grado, le discrasie riscontrate si potevano riferire a elementi marginali, che non hanno intaccato i profili centrali dell’illecito.
L’intimidazione in via Romualdo Montagna
Significativa anche la deposizione di una donna, che ha riconosciuto l’imputato in aula e ha raccontato in maniera coerente i vari episodi estorsivi, tra cui la richiesta minatoria durante la Fiera di San Giuseppe, l’aggressione del 21 marzo 2019 e un ulteriore episodio intimidatorio avvenuto nei pressi del magazzino di via Romualdo della Montagna. Le sue dichiarazioni, pur prive di una ricognizione formale in fase di indagine, sono state considerate utilizzabili e attendibili secondo il principio di non tassatività delle prove e il libero convincimento del giudice.
La difesa ha cercato di far leva anche sui precedenti penali della persona offesa e sul suo comportamento definito “arrogante”, ma per la Corte le argomentazioni offerte sono state valutate come irrilevanti e scollegate dai fatti oggetto di giudizio.
Come si configura il reato di estorsione
Sul piano giuridico, i giudici hanno chiarito che il reato di estorsione si configura anche in assenza del conseguimento effettivo dell’ingiusto profitto, purché la condotta minacciosa sia idonea a costringere la vittima a un’azione o omissione che procuri un beneficio illecito. Inoltre, non è necessario che i concorrenti nel reato condividano l’intero disegno criminoso: è sufficiente un consapevole contributo alla condotta altrui, anche solo agevolativo.
Le condotte estorsive sarebbero emerse in un contesto più ampio, in cui più soggetti, secondo quanto emerso anche dalle dichiarazioni di un altro teste, avrebbero esercitato pressioni per ottenere denaro. Tuttavia, la difesa è pronta a ricorrere in Cassazione.