La Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da Ivan Montualdista, imputato nel procedimento penale Recovery, contro l’ordinanza emessa il 4 giugno 2024 dal Tribunale di Catanzaro. Montualdista è sottoposto a misura cautelare carceraria per reati di narcotraffico aggravati dal contesto mafioso, connessi alla partecipazione a un sodalizio criminale operante nel cosentino, già contestato nel processo Reset. La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Angelo Pugliese, individuando carenze motivazionali nel provvedimento del Tribunale e disponendo l’annullamento con rinvio per ulteriori esami sui punti controversi.

Ivan Montualdista imputato in Recovery: contesto e ricorso

L’ordinanza impugnata confermava un precedente provvedimento cautelare che attribuiva a Montualdista un ruolo nel traffico di stupefacenti sotto la direzione di Adolfo D’Ambrosio, leader di un gruppo criminale integrato nella confederazione mafiosa cosentina. Montualdista era già stato coinvolto in un’altra ordinanza cautelare, nell’ambito dell’inchiesta “Reset”, per reati di associazione mafiosa, estorsione e usura.

Il ricorso del difensore si è concentrato su quattro motivi principali: vizio di motivazione riguardo alla retrodatazione dei termini di custodia cautelare; mancanza di una autonoma valutazione degli indizi e delle esigenze cautelari; insussistenza di gravi indizi per la contestazione dell’aggravante mafiosa e del reato associativo; carenze nella valutazione dell’attualità delle esigenze cautelari.

    Retrodatazione dei termini di custodia cautelare

    La Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso, rilevando come il Tribunale di Catanzaro non abbia adeguatamente motivato l’esclusione della retrodatazione della misura cautelare al precedente procedimento del 2022. Secondo la giurisprudenza consolidata, la retrodatazione è applicabile se i fatti della seconda ordinanza erano già noti e desumibili dagli atti del primo procedimento. La Corte ha osservato che il Tribunale non ha spiegato sufficientemente la necessità di una separazione tra i due procedimenti, limitandosi a indicare generiche “rielaborazioni” di un compendio probatorio già disponibile.

    Il quadro investigativo era già noto al momento dell’emissione della prima ordinanza, e non è stato chiarito perché tali elementi non potessero già allora supportare l’emissione di un unico provvedimento, sottolinea la Corte.

    Esigenze cautelari

    Infine, la Cassazione ha riscontrato carenze nella valutazione dell’attualità del pericolo di recidiva. Gli elementi indiziari più recenti risalgono al 2019, e il Tribunale non ha fornito prove concrete della perdurante pericolosità del ricorrente.

    «Solo in modo astratto ha ritenuto il sodalizio ancora operante, rispetto ad un compendio indiziario, come già osservato in precedenza, datato a molti anni addietro. Parimenti risalenti al 2019 sono le evidenze esposte dal Tribunale e riferibili al ruolo partecipativo del ricorrente. Rispetto a tale quadro il Tribunale non ha scrutinato con il dovuto rigore il fattore temporale di notevole consistenza, svolgendo la specifica analisi sulla sussistenza di elementi concreti alla stregua dei quali dare conto della continuità in termini di attualità del periculum libertatis».

    Nuovo Riesame per Ivan Montualdista

    Alla luce delle carenze riscontrate, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, rinviando per un nuovo esame. Il Tribunale dovrà riesaminare sia la questione della retrodatazione dei termini di custodia cautelare sia l’attualità delle esigenze cautelari.