C’è anche Buonvicino nell’inchiesta “Archimede” coordinata dalla procura di Paola. Le indagini sono state svolte, nel caso di specie, dai carabinieri forestali e riguardano le posizioni investigative di Pasqualino De Summa, Giovanni Amoroso, Francesco Astorino e Giovanni Palmieri. Anche in questo caso nel mirino della procura tirrenica è finito l’impianto di depurazione. Secondo l’accusa, infatti, «la frode consiste nella malafede contrattuale posta in essere dal gestore nel complesso dello svolgimento delle attività di conduzione e manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto e segnatamente con riguardo ai compiti/obblighi dell’appaltatore che deve gestire l’impianto di depurazione nel rispetto della normativa vigente». 

Il ruolo di Pasqualino De Summa

Durante le indagini è emerso che il 5 maggio del 2020 «Pasqualino De Summa, con l’ausilio dei propri dipendenti, smaltivano in località Puma del Comune di Buonvicino presso un terreno agricolo nella disponibilità di Francesco Astorino, fanghi di depurazione provenienti dal depuratore di Buonvicino; nonché, in pari data, emergeva che in località Scala del Comune di Buonvicino presso un terreno agricolo nella disponibilità del dipendente, Giovanni Amoroso vi era altro contestuale smaltimento illecito dei fanghi di depurazione. Infine, emergeva che i fanghi di depurazione, ancora non sottoposti a trattamento di essiccazione, il 22 agosto del 2020, tramite i dipendenti, Francesco Astorino, Giovanni Amoroso e Giovanni Palmieri, venivano trasportati dagli stessi, in un cassone sito all’interno del depuratore comunale di Diamante, che non può certo dirsi sia un sito destinato a discarica».

Fanghi smaltiti illecitamente

Il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare, scrive che «dalle emergenze investigative emerge, con palmare evidenza, la consapevolezza e l’accordo tra gli indagati nel porre in essere in modo illecito lo smaltimento dei fanghi di depurazione provenienti dal depuratore, chiedendo De Summa ai suoi dipendenti di effettuare il trasporto e ricevendo l’assenso dei predetti alle operazioni da compiersi, i quali trasportavano i fanghi presso altro depuratore o addirittura in terreni privati nella loro disponibilità, disattendo integralmente alle procedute previste per legge». Per il gip «si ravvisa la responsabilità del legale rappresentante della società appaltatrice della gestione dell’impianto di depurazione del comune di Buonvicino e degli impianti di sollevamento in concorso con alcuni dipendenti che, di fatto, attuavano le direttive impartite dall’imprenditore, palesemente contrarie agli obblighi assunti, perché trattasi di irregolarità di gestione che non potevo essere autorizzate, trattandosi di una modalità illecita di smaltimento dei fanghi». 

Le attività d’indagine dei carabinieri forestali

I carabinieri forestali iniziano ad indagare dal 4 maggio 2020, giorno in cui De Summa, intercettato dalla procura di Paola, parlando con Giovanni Palmieri, comunicava al suo interlocutore che, il giorno seguente, un camion avrebbe provveduto a caricare i fanghi dall’impianto di depurazione per poi scaricarli a Diamante». Qualche giorno dopo, infatti, i carabinieri forestali di Orsomarso, eseguivano un controllo in località Puma, situata nel comune di Buonvicino, riscontrando l’abbandono di circa sette metri cubi di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione, provenienti dal depuratore comunale di Buonvicino, materiale poi sottoposto a sequestro penale. 

Durante le fasi ispettive, la procura di Paola ascolta una telefonata De Summa e Ciriaco Astorino. L’imprenditore, preoccupato, afferma testualmente: «”Non fate il nome mio che mi arrestano ohi cirià… (…)… l’importante che non dici che viene da là assolutamente”» e «”non gli parlare di depurazione che ci arrestano oh”». De Summa chiede di non fare il suo nome anche quando parla con Francesco Astorino, che replica. «No, non sia mai Pasquà… non sia mai…». Il gip Mesiti bacchetta gli indagati: «I fanghi di depurazione costituiscono rifiuto che deve essere smaltito tramite trasporto su mezzo autorizzato e conferito in discarica e non di certo abbandonato in terreni privati, senza aver subito adeguato trattamento».