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Sono due i capi d’imputazione che riguardano il sindaco Marcello Manna per i quali il gip Piero Santese ha ravvisato la presenza di indizi tali da giustificare l’emissione di un divieto di dimora a Rende.
La turbativa d’asta
Il primo riguarda la presunta turbativa d’asta per la gestione del Centro diurno per minori intitolato a Madre Teresa di Calcutta. La vicenda risale al 2019, quando il Municipio predispone il bando per l’affidamento della struttura che, già da qualche anno, è gestita dalla cooperativa sociale “Il girasole”. Tra i requisiti richiesti ai partecipanti, però, c’è quello di un fatturato annuo pari ad almeno 152mila euro; “Il girasole” si ferma a 148mila e quindi si ritrova esclusa dalla gara che, peraltro andrà deserta. A quel punto, previo interessamento del sindaco, il fatturato richiesto scende a quota 140mila, circostanza che consente alla cooperativa di ottenere il rinnovo.
L’aspetto curioso è in quei giorni si è in piena campagna elettorale per le amministrative rendesi. E i membri della coop non sono affatto sostenitori del sindaco uscente. «Doppiogiochisti» li definisce l’allora assessore Pierpaolo Iantorno in una delle intercettazioni e ancora più esplicita, in tal senso, sarà Annamaria Artese. Dopo l’assegnazione del Centro al “Girasole”, proprio lei a colloquio con Manna, commenterà in modo sarcastico che quelli della coop «come ringraziamento hanno votato a Principe».
La corruzione
L’altra vicenda è relativa al legame tra il sindaco e l’imprenditore Massimino Aceto, dietro al quale gli inquirenti vedono l’ombra della corruzione. L’ipotesi, infatti, è che Manna gli abbia messo a disposizione «i propri poteri e le proprie funzioni» per consentirgli di ottenere una serie di appalti, tra cui la bitumazione delle strade di contrada Cutura, il completamento di un palazzetto dello sport e il noleggio di trattori alla Rende servizi a un prezzo superiore a quello di mercato. Oltre a essere molto amici, e legati anche da rapporti di comparaggio, gli investigatori ipotizzano che i due siano soci in affari attraverso «la comune gestione di fatto» di due ditte: la Marp corporation e la Aceto group. È questa una delle presunte utilità illecite contestate al primo cittadino rendese.
L’altra riguarda le elezioni del 2019, quelle che segneranno la sua vittoria al secondo turno contro Sandro Principe. In quel caso, Aceto gli avrebbe rappresentato l’opportunità di «acquistare pacchetti di voti» dai candidati a sindaco esclusi dal ballottaggio. Alcuni sarebbero costati «cinquemila euro», altri qualcosa in più. In alcune intercettazioni che non coinvolgono però Marcello Manna, l’imprenditore sostiene di aver già sperimentato questo metodo con successo in occasione di precedenti tornate elettorali.