La Corte Suprema di Cassazione, quinta sezione penale, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Pietro Sammarco del foro di Cosenza, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 19 dicembre 2018 dalla Corte di Appello di Catanzaro, prima sezione penale, con la quale M. B. del 1985 di Grimaldi era stato condannato alla pena di due mesi di reclusione per il reato di lesioni procurate a C. T., classe 1997 di Cosenza, al quale – mediante calci e pugni – avrebbe procurato lesioni personali con malattia di 30 giorni giorni di prognosi.

La ricostruzione dei fatti e l’esito del processo di primo grado

I fatti sono avvenuti la notte tra l’8 ed il 9 settembre 2012 nel corso di una festa patronale a Mangone quando i due, per futili motivi, sono venuti alle mani, vedendo soccombere C. T., parte offesa del procedimento. All’esito del processo di primo grado il giudice monocratico di Cosenza ha assolto M. B. dai reati a lui ascritti perché non vi era la prova della loro sussistenza. In buona sostanza il giudice di primo grado ha ritenuto che il narrato della persona offesa, che riferiva di aver subito una aggressione unilaterale, non fosse corroborato dalla dichiarazione della testimone presente ai fatti che invece parlava di una aggressione reciproca e che, pertanto, non si poteva stabilire se le lesioni riportate fossero da attribuire ad una deliberata aggressione unilaterale ovvero ad un tentativo di difesa dell’imputato nella colluttazione reciproca. 

La procura generale fa appello

Il procuratore generale presso la Corte di Appello aveva proposto appunto appello avverso la sentenza di assoluzione sostenendo che la testimone oculare non avesse riferito di un’aggressione reciproca ma di una aggressione deliberata ed unilaterale dell’imputato nei confronti della persona offesa poi costituitasi parte civile. I giudici di secondo grado avevano annullato sentenza di primo grado, condannando M.B. alla pena di due mesi di carcere.

Caso Mangone, il ricorso in Corte di Cassazione

L’avvocato Pietro Sammarco aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando che la Corte d’Appello di Catanzaro aveva emesso la sentenza in violazione dell’art. 603 comma 3 bis del codice di procedura penale, che prescrive che in caso di appello del pm contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Tale comma, aggiunto dalla legge 23 giugno 2017 n°103, recepisce la giurisprudenza della Cedu e della stessa Corte di Cassazione sul punto ed impone obbligatoriamente, solo in caso di una pronuncia assolutoria in primo grado e di appello del PM, al giudice di secondo grado di risentire i testimoni già escussi in primo grado qualora vi siano dubbi sulle dichiarazioni fornite in dibattimento.

Ciò non è accaduto nel caso concreto in quanto i giudici di secondo grado hanno ritenuto di riformare la sentenza senza procedere alla prescritta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. La Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che accogliere il ricorso ed annullare con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio di secondo grado.