Stefano Fiore oggi compie cinquant’anni. L’ex centrocampista cosentino ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, nella quale parla anche di Cosenza. Queste le sue parole.

L’inizio nelle giovanili del Cosenza

«A 50 anni è giusto cominciare a guardarsi alle spalle e fare bilanci. Sono contento. Ho fatto quello che volevo fare, prima sognandolo, poi vivendolo. Avrei solo voluto giocare qualche anno in più in Serie A. Questo sì. Ho giocato da bambino con porte di ogni tipo a Rende, in un quartiere pieno di prati. A 14 anni ero nel settore giovanile del Cosenza. E’ stata un’infanzia bella, con mio fratello Adriano che è del 1980. Giocai una finale di Berretti contro il Parma. Vincemmo noi e loro si comprarono la metà del mio cartellino. Era il 1994. Arrivai in Emilia, mi sentivo inadeguato anche se mi allenavo con la prima squadra. Poi Scala ebbe il coraggio di buttarmi in campo in una partita contro il Genoa. Aveva intravisto qualcosa. Il Parma mi riscattò alle buste».

Da calciatore a ds dei lupi

«Carriera chiusa a Cosenza? Volevo restituire quello che ho ricevuto e giocare con mio fratello, mezzala. Feci il mediano. Si è chiuso il cerchio anche se avrei voluto farlo dopo. Poi ho aiutato la società a risalire facendo il Direttore Sportivo, la cosa che oggi mi piace di più. Un Fiore oggi? Dico Reijnders. Per chi tifo? Da piccolo mi innamorai dell’Inter. Ma Cosenza e Lazio sono il cuore».