«Addio, addio, amici addio/noi ci dobbiamo lasciare». Capiamo anche in autonomia che iniziare un articolo del lunedì mattina con una citazione a Bear l’orso nella casa blu non sia il massimo, ma tant’è. Scomodare l’addio ai monti di Alessandro Manzoni per il saluto del Cosenza Calcio alla Serie B ci sembrava oltremodo scorretto. E d’altra parte stiamo parlando dell’uomo che ha creato la narrativa storica italiana. Per quello che serve, ormai, basta la Disney. Con ogni rispetto, s’intende.

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Strano, perché Manzoni in qualche modo poteva servire a ricostruire la parabola di questi sette anni in Serie B del Cosenza Calcio. Una parabola diversa dalle altre volte, durante le quali in qualche modo si provava a tirar fuori l’intervento umano piuttosto che aspettare la divina provvidenza. Cosa che invece ha fatto, novella Lucia, il patron di Ecologia Oggi (e incidentalmente del sodalizio silano) Eugenio Guarascio. In sette campionati cadetti, soltanto in due occasioni ha provato a dare una sterzata, ovvero nel gennaio 2019 e nell’agosto 2023. Poi basta, stop, niet, nada.

Cosenza Calcio, sette anni di fiducia nella provvidenza

Nell’agosto 2019 Rivière arrivò soltanto dopo i rifiuti di Tupta e Rosseti, mentre Asencio e Casasola giunsero dopo una lunga serie di “no”. Meno si parla della coppia Trotta-Mbakogu e della cessione intempestiva di Báez e meglio è. Nell’estate 2021 il mercato partì soltanto dopo la riammissione, come se allestire una squadra competitiva in Serie C fosse troppo. Nel 2022/’23 solo la zuccata al 94′ di Meroni salvò il Cosenza Calcio a Brescia. Ma a un certo punto anche il fato benevolo ti abbandona. Nei Promessi Sposi muore pure Fra Cristoforo, per dire.

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Forse, più che nella provvidenza, Guarascio ha creduto nella sua ormai proverbiale fortuna. Ma anche quella a un certo punto avrà deciso diversamente. Lo dimostrano il gol al 97′ di Pecorino a Frosinone e l’errore di Sgarbi sabato pomeriggio. Aiutati che il ciel t’aiuta, dicevano i saggi. Il patron (e parimenti l’amministratrice unica, sia chiaro) devono aver capito soltanto la seconda parte. O meglio: il riflessivo, evidentemente, non riguarda il Cosenza Calcio, ma un numero di persone dispari e comunque inferiore a tre. Aiutati, e dunque “aiuta te stesso”, non aiuta te e una città che ti chiede ormai a gran voce di lasciare spazio a qualcuno che abbia più voglia di te.

Se Citrigno ha ancora voglia di chiudere, ma Guarascio non ci sente

E a tal proposito: in esclusiva ai nostri microfoni, nei giorni scorsi, l’imprenditore cosentino Alfredo Citrigno ha ribadito la propria volontà di acquistare il Cosenza Calcio. Peccato che, a domanda precisa se ci fossero state altre interlocuzioni con Guarascio, la risposta sia stata composta da due parole: «Nessuna interlocuzione». Certo, un po’ viene da sorridere, non fosse che c’è di mezzo il destino della squadra cittadina. In qualsiasi altro contesto, a nessun presidente (anche se forse è inesatto il termine, ma non potremo mai saperlo: sul sito ufficiale l’organigramma è in allestimento da circa un anno) sarebbe stato concesso tanto.

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E sia chiaro, non ci si riferisce ai tifosi, le cui contestazioni coinvolgono l’intera città. Ma alla possibilità di assicurare per ben due volte a due diversi sindaci, uno dei quali oggi senatore, che avrebbe venduto, salvo poi rimangiarsi la parola data. «Ci sono delle trattative in corso», ma se poi non si risponde che affermazione è? Come già avvenuto nel 2021 con Luca Di Donna, prima rimandato e poi lasciato al palo. E come avvenuto con Lucio Presta, il quale si era presentato dopo la salvezza del 2020 con il ds Gerolin pronto a metter su un progetto a lungo termine.

Forse, in tutti questi anni, ha avuto ragione il patron a fidarsi della divina provvidenza. Forse avremmo dovuto iniziare davvero con l’addio ai monti di Manzoni. D’altra parte, sul ramo del lago di Como si è consumata una delle giornate più belle dell’era Guarascio, quell’1-4 in finale di Coppa Italia. La prima, grande opera di fortuna del numero uno di via degli Stadi, che da quel giorno in poi ha creduto la divina provvidenza potesse assisterlo vita natural durante. Ma, caro presidente, lei non è Lucia. E se muore persino Fra Cristoforo, allora può toccare anche al suo Cosenza Calcio.