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Nel momento di massima disattenzione dei media, impegnati ad occuparsi esclusivamente della diffusione del coronavirus, la Camera ha confermato la fiducia al Governo con 304 voti favorevoli e 226 contrari sul decreto legge intercettazioni, che entrerà in vigore dal primo maggio 2020 «per dare il tempo agli uffici e agli addetti ai lavori di adeguarsi» secondo quanto affermato sempre prontamente dal Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. E questo risultato si è raggiunto anche grazie all’opposizione, che ha rinunciato all’ostruzionismo al fine di consentire una sollecita approvazione del decreto sul coronavirus.
Il dl intercettazioni lede i principi del giusto processo
Il voto finale sul provvedimento è previsto per la serata di giovedì, ma i contenuti del decreto, che modifica la precedente riforma varata due anni fa dal governo Gentiloni e mai entrata in vigore, sono ormai ben chiari. Il decreto che modifica la riforma Orlando del 2017, prevede una serie di disposizioni che contribuiscono senza dubbio alla distruzione del giusto processo e dei principi cardine che lo regolano. E questo piano ben preciso si sta realizzando, pezzo dopo pezzo, grazie a tutto quanto finora introdotto in tema di processo penale dall’attuale governo, in spregio ai principi costituzionali.
Colloqui riservati “selezionati” dai pm
In questo caso a farne le spese sarà il principio di parità delle armi tra accusa e difesa, nonché la riservatezza dei cittadini. Sarà, infatti, il PM a selezionare le intercettazioni che più gli aggradano e non più la polizia giudiziaria come prevedeva la riforma Orlando, valutando di volta in volta quali colloqui sono rilevanti per le indagini o meno, ed ascoltando eventualmente anche le conversazioni con il difensore. Gli avvocati potranno certo esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni selezionate ovviamente in un momento successivo, ma senza averne copia ed al solo scopo di richiedere che vengano, ai fini difensivi, inserite quelle rilevanti. In caso di dissenso con il Pubblico Ministero la decisione sarà del giudice.
Il ruolo dei giornalisti
Si esclude, in ogni caso, che il giornalista che pubblica le intercettazioni possa essere sottoposto a procedimento penale nel caso in cui divulghi contenuti ancora secretati e dei quali, non si sa in base a quale norma, potrebbe – come accade oggi – venire a conoscenza prima della difesa.
Non si comprende, pertanto, secondo quale logica psicotica si attribuisca il potere al pm di selezionare il materiale – intasando evidentemente l’attività della procura con attività prima svolta dalla polizia giudiziaria – ritenendo di garantire così la privacy dei soggetti intercettati, ma allo stesso tempo non si tuteli il segreto istruttorio, non prevedendo sanzioni in caso di pubblicazioni improprie del materiale riservato.
Ma l’aspetto che più preoccupa è la possibilità di utilizzare il trojan non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio e puniti con la reclusione sopra i 5 anni, nonché per l’accertamento dei reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e per quelli di particolare gravità.
Cos’è il trojan?
Per chi non ne fosse a conoscenza, il trojan è un potentissimo mezzo attraverso il quale si può prendere il completo controllo dei nostri dispositivi informatici, mobili o fissi e svolgere così qualsiasi tipo di operazione: da bloccare, modificare e cancellare i dati ad accedere alle telecamere acquisendo ogni tipo di dato personale h24. L’intercettazione potrà avvenire anche nei luoghi di privata dimora (come già previsto con la Spazzacorrotti per i pubblici ufficiali) ed i risultati delle intercettazioni potranno essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti ed autorizzati.
Tutti i dati monitorati, qualsiasi attività svolta sul dispositivo, tutti i messaggi scritti attraverso qualsiasi piattaforma, la geolocalizzazione, la cronologia internet e le foto scattate, nonché le registrazioni raccolte dall’attivazione attraverso il trojan dal microfono, potranno essere dunque raccolti, magari scartati sul momento, ma poi ripresi per essere utilizzati in altro procedimento. Solo se sono «indispensabili» e «rilevanti», dice la norma, in una valutazione però, dunque, molto ampia che spetta in ogni caso di volta in volta al pm.
Intercettazioni, cosa aveva detto la Cassazione
Si tratta pertanto di una previsione che supera la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, che aveva ammesso l’uso degli esiti dei colloqui intercettati con il captatore informatico solo qualora si trattasse di un reato connesso a quello per cui si stava procedendo.
Chi obietta si tratti di una questione sollevata come al solito dalle difese, per motivi di opportunità, non si rende conto di quanto disposizioni di questo genere rappresentino una invasione del proprio domicilio, e quanto tutto questo limiti fortemente i diritti e la libertà personale di vivere lecitamente in casa propria, senza la paranoia di essere costantemente spiati.
Problema culturale prima ancora che penale
Quello che si pone oggi è dunque molto più che un problema circa la modifica di una norma processuale: è una questione culturale di democrazia prima ancora che penale, che ancora una volta passa purtroppo silente, guarda caso in momento in cui lo stato di paura diffuso dal coronavirus in questi giorni, si è tradotto in un vero e proprio panico collettivo.
Scelta però giustificata da Bonafede in questo modo: «Adesso il provvedimento farà il suo iter parlamentare per la conversione ma c’erano atti che non potevamo ritardare, perché si mettevano a rischio tutte le indagini in corso nelle varie procure italiane».