Dopo due anni di porte sbarrate e polvere tra le poltroncine, il destino del cinema Santa Chiara è stato finalmente determinato. Quel piccolo e preziosissimo spazio dedicato ai cultori della Settima Arte, è stato frutto di una decisione salomonica che salva capra e cavoli. Il 29 aprile lo spazio riaprirà come nuova sede della Pro Loco rendese “Arintha” che preserverà, in parte, l’anima cinematografica del posto. Il Santa Chiara ospiterà proiezioni ogni quindici giorni, festeggiando il ritorno dopo due anni di oblio, con un omaggio a Federico Fellini.

Il lungo stop è il frutto di quella burocrazia che non va quasi mai a braccetto con cultura e creatività. Una delibera, datata 2015, aveva dato il via libera alla riattivazione e programmazione del prezioso cinema nel cuore del centro storico di Rende. Con il cambio al vertice e l’insediamento dei tre commissari, tutto è cambiato. Sulla possibile riassegnazione – a titolo gratuito – dello spazio al suo gestore storico Orazio Garofalo, i commissari hanno da subito dato poche speranze. L’orientamento sembrava portare all’indizione di un bando per affidare lo spazio a un gestore che potesse far entrare nelle casse comunali qualche spicciolo (fino a quel momento le proiezione erano state tutte gratuite). Da due anni, però, sulla questione cinema Santa Chiara, era calato il silenzio. Le voci che si rincorrevano, parlavano di un nuovo bando pronto alla pubblicazione. Oggi arriva la nuova sul taglio del nastro della Pro Loco Arintha che darà spazio, tra le altre iniziative, anche alle proiezioni filmiche.

Un patrimonio

Garofalo, aveva all’epoca della sua gestione, messo a disposizione una propria cineteca, strutturata in circa 10.500 titoli scelti, digitalizzata in un database capace di estrapolare rassegne su qualsivoglia argomento, sia storico che sociale, sia artistico che di costume. Nel 1975, il piccolo cinema ricevette addirittura anche la Medaglia d’oro ministeriale per i suoi 50 anni di attività, oggi ininterrotta bruscamente.

Calabria New York, andata e ritorno

Negli anni Venti, con precisione il 1924, Pietro Garofalo, nonno di Orazio, torna dall’America. Nel 1926decide di fare di un magazzino nel centro storico di Rende, un cinema. Investe in un pezzo di convento, il Santa Chiara, e in un proiettore Pio Pion. All’epoca avanguardia purissima.

Gli anni passano, i posti in sala sempre quelli, 130 sedute e uno schermo su cui passavano del dive con le onde nei capelli come Rita Hayworth, e gli uomini con i cappelli e le pistole da gangster. La gente si affollava, aspettava le pizze coi film che, a un certo punto, stentavano a varcare il confine con la Campania.

Pietro, ha tre figli. Tra questi Italo. Sarà proprio suo figlio Orazio, a raccogliere il testimone, a diventare l’utimo crociato a guardia della sala.

L’oblio, la lettera di Tornatore e la riapertura

Quando il cinema chiuse i battenti, negli anni Settanta, dovette scontare un lungo limbo, che neppure l’accorata lettera di Giuseppe Tornatore (in foto), a cui Italo scrisse nel 1996 per cercare supporto, riuscì a interrompere. “La sala è la casa dei nostri sogni, anche dei poveri che una casa non ce l’hanno”, gli rispose il regista di “Nuovo cinema Paradiso” in una lettera che Orazio conserva gelosamente. Ad ogni modo fu quella una sorta di benedizione, raccolta, anni dopo, siamo nel 2015, dalla giunta Manna che cristallizzò la riapertura del cinema nella delibera che, di fatto, riapriva le porte a un piccolo grande sogno che adesso cerca di ripartir con una nuova veste.