Tutti gli articoli di Societa
PHOTO
Quella che stiamo per raccontarvi è una drammatica storia di solitudine e abbandono sociale. Il protagonista è Mario, nome di fantasia di un uomo di mezza età, affetto da disabilità, depressione e solitudine, soprattutto. Vive in un piccolo centro della Riviera dei Cedri e non sa più come andare avanti.
Avrebbe bisogno di operarsi ma non ha soldi, perché prende una misera pensione di invalidità e arriva appena alla fine del mese; avrebbe bisogno di compagnia, di aiuto, di qualcuno che si prendesse cura di lui, invece è solo, come chi ha lottato tutta la vita contro qualcosa più grande di lui e ha perso di vista tutto il resto: Mario non è sposato e non è mai diventato padre, mentre i volti dei suoi genitori, purtroppo, sono ormai soltanto un ricordo sbiadito dal tempo. Se ne sono andati tutti e due giovanissimi.
Chiuso in casa, sofferente, con una salute precaria, per Mario i momenti di sconforto e disperazione sono una costante. I pensieri vanno e vengono, alcuni logorano la mente e l’anima. Ma Mario ha un sussulto, vuole vivere, vuole riappropriarsi della sua esistenza e della dignità umana e un bel giorno vince la sua proverbiale timidezza, impugna carta e penna e comincia a scrivere una lettera perché vuole rendere pubblica la sua storia, carte e documenti alla mano, pur chiedendo la grazia dell’anonimato.
La missiva è rivolta ai nostri indirizzi di posta. Dentro c’è un numero di telefono, tutta la sua disperazione e un appello, che non può essere ignorato: «Chiedo aiuto alla Garante della Salute della Regione Calabria, Anna Maria Stanganelli. È la mia ultima possibilità».
La lettera struggente
Mario vive in uno stabile al primo piano. La rampa di scale che lo separa dall’esterno non gli consente di fare lunghe passeggiate all’aperto, come gli ha consigliato il medico per combattere l’obesità e il diabete da cui è affetto. Ma queste due patologie sono solo la punta dell’iceberg delle sue sofferenze, dettagliatamente elencate nella lunga lettera che abbiamo ricevuto.
«Sono ormai quattordici mesi – scrive Mario – che in seguito a una caduta per strada mi sono rotto il malleolo, il perone e la cuffia dei rotatori del braccio e della gamba sinistra.
Mi hanno operato per ben due volte, ma qualcosa è andato storto, e la conseguenza di quello che è stato presumibilmente un errore medico, è uno stato permanente di immobilità dal lato sinistro del corpo. Dovrei operarmi di nuovo, ma qui, in Calabria, non è possibile. I traumi alla gamba e alla spalla mantengono alta la PCR, la Proteina C- Reattiva, che indica un processo infiammatorio in atto acuto o cronico.
Avrei la possibilità di operarmi in una struttura del nord Italia, ma dovrei sborsare un sacco di soldi, che io ovviamente non ho.
La mancanza di attività fisica ha comportato il peggioramento dei problemi già esistenti; in primis il diabete, con cui convivo da 25 anni, che ha avuto uno scompenso. Questo ha compromesso la funzionalità dei reni e di conseguenza ho sviluppato una grave insufficienza renale.
La neuropatia diabetica è peggiorata al punto da essere indicata con il valore di 100/100 – che si traduce in una significativa disfunzione nervosa, specialmente nei nervi periferici, ndr -, come pure la retinopatia diabetica.
Ho anche problemi intestinali che mi tengono intere giornate a letto e che peggiorano ora dopo ora. Ho un’intossicazione da paracetamolo, l’unico antidolorifico di cui posso fare uso quando il dolore aumenta. Non posso usare gli antidolorifici “fans” per non affaticare i reni».
Aiuti pochi, difficoltà tante
Mario prosegue il drammatico racconto, finendo, inevitabilmente, a parlare dei pochi aiuti a disposizione e di quelli mai avuti. «L’Asp mi ha inviato un Oss e un fisioterapista a domicilio, oltre che a un infermiere che mi ha curato una ferita aperta per otto lunghissimi mesi. Invece i servizi sociali del mio paese si sono limitati ad inviarmi un’addetta alle pulizie casalinghe per circa un’ora a settimana.
Questo è tutto l’aiuto che ho e che mi spetta. Io sono invalido e prendo una pensione di circa 600 euro al mese, pertanto non posso permettermi di assumere una figura che mi assista a tempo pieno.
Ho fatto domanda di accompagnamento. La prima volta è stata bocciata perché la commissione non ha ritenuto sufficiente la perizia medica presentata; a febbraio scorso ho ripetuto la visita (come ha richiesto la commissione) ma non ho ancora ricevuto l’esito».
«Sono triste e solo»
«Non ho i genitori – continua Mario –, non sono sposato, non ho figli. Tutti, intorno a me, hanno altro da fare, ognuno ha i propri impegni». A parte qualche amico, che ogni tanto va a trovarlo, a tempo perso. «Se ogni tanto a casa mia non si trovasse a passare qualche persona caritatevole, rischierei di rimanere digiuno per giorni. È vergognoso che nel 2025 ancora i malati debbano vivere queste situazioni di disagio».
La richiesto d’intervento
«Ho bisogno di una figura stabile che stia con me giorno e notte. Lo chiedo con tutte le forze ho. Essendo bloccato dalla parte sinistra, non posso nemmeno alzarmi da solo dal letto». Poi continua: «Ho bisogno di ausili medici per deambulare, come bastone a tre piedi e carrello con ruote grandi per deambulare (tipo quello con il cestino davanti e il freno sul manubrio) per provare a fare quattro passi anche fuori. Ho bisogno di qualcuno che mi accompagni a fare le visite mediche, le analisi del sangue, i controlli dall’ortopedico».
Le parole di Mario si susseguono una dopo l’altra lasciando trapelare rammarico e disperazione. «Mi sarebbe piaciuto avere un po’ di compagnia da quelli che consideravo amici e per i quali io ci sono sempre stato, ma nulla. Avrei gradito le visite di uomini e donne che si professano cattolici, ma solo sull’atto di battesimo. Se ben ricordo San Giacomo dice: “La fede senza le opere è morta (Gc 2,26)”. Lo stesso Gesù disse: “Ero malato e mi avete visitato (Mt 25,36)”. Non esistono i malati di serie B, malati più o meno importanti, esistono i malati».
L’appello alle istituzioni
Mario, poi, chiude la lettera chiamando in causa le istituzioni: «Quanto tempo dovrò ancora aspettare per avere indietro la mia dignità di essere umano? Spero che il nostro governatore Roberto Occhiuto legga questa lettera e prenda provvedimenti seri, non solo per me, ma per tutte le persone che si trovano nella mia stessa condizione. Spero che favorisca sempre di più la sanità pubblica, altrimenti solo i ricchi si potranno curare».
Infine, lancia un ultimo, disperato appello. «Mi rivolgo alla Garante della Salute, la dottoressa Anna Maria Stanganelli: io so che lei ha a cuore i malati di questa terra e non si gira mai dall’altra parte. Mi aiuti, dottoressa Stanganelli. Spero nella sua sensibilità e carità, spero che si attiverà con tutti i mezzi di cui dispone».