«Come in nessuna altra regione italiana, i dati configurano in modo evidente due società, due Calabrie, due gruppi di cittadini profondamente dissimili e slegati tra loro». Una regione spaccata in due: è chiara fin dall’incipit la riflessione dei docenti Domenico Cersosimo e Rosanna Nisticò. Fin dal titolo dell’articolo pubblicato sulla rivista online Etica Economia: Le due società, del benessere passivo e delle povertà calabresi.

I due studiosi riflettono sui dati che rappresentano l’incidenza del rischio povertà e di esclusione sociale in Italia. Nel Paese esistono regioni in cui la povertà è un fenomeno contenuto, che si muove su percentuali fisiologiche, e altre in cui ha un carattere patologico. Per loro «la Calabria è l’estremo, con metà della popolazione a rischio di povertà-esclusione».

È un’analisi che va (molto) oltre numeri che pure sono preoccupanti: la nostra è la regione europea con la più alta quota di poveri-vulnerabili sulla popolazione complessiva (il 48,6%). Addirittura 24 punti in più rispetto al Molise e 21 rispetto alla Basilicata. Ma quali sono le due Calabrie di cui scrivono Cersosimo e Nisticò?

La Calabria ricca del Rotary e non solo

Da un lato, riflettono i due economisti, «ci sono i calabresi che godono di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita analoghi a quelli medi nazionali». A loro «fa capo la quasi totalità della ricchezza netta regionale, reale e finanziaria». La Calabria “ricca” è formata da dipendenti della pubblica amministrazione «con redditi medi ma sufficienti per condurre una vita decorosa e che, seppure a fatica, riescono a districarsi nelle maglie sconnesse dei servizi pubblici essenziali e a evitarne gli effetti perversi ricorrendo al proprio bagaglio di amicizie e conoscenze personali».

Accanto a questo gruppo che riesce, tutto sommato, a venire a capo delle disfunzioni calabresi grazie a una rete di amicizie, ci sono quelli che Cersosimo e Nisticò definiscono «inquilini del privilegio», cioè i calabresi che possono permettersi «consumi opulenti come qualunque altro ricco di qualunque società urbana d’Italia, e che possono influenzare le politiche pubbliche a loro favore».

I veri e propri ricchi calabresi «si sostengono tra loro attraverso reti relazionali sia di natura interpersonale che associativa, come, ad esempio, i club Lyons o Rotary, gli Ordini professionali, le Associazioni di commercianti, industriali, agricoltori, artigiani, i circoli massonici palesi e occulti, le rete informali di comparatico, le aggregazioni politico-elettorali strumentali, temporanee, trasversali».

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